Qui Milano – Bernard-Henri Lévy, in tour per difendere l’Europa
L’obiettivo è ambizioso: girare l’Europa per ricordarle cosa significa essere europei; attraversare il continente per combattere i populismi e la politica dell’inettitudine, per offrire, attraverso uno spettacolo, agli elettori rassegnati a una mediocrità violenta una mano tesa per combatterla assieme. La sfida del filosofo francese Bernard-Henri Lévy, la sua campagna personale per le europee del 26 maggio, è partita dal Franco Parenti di Milano e, a giudicare dal numeroso pubblico, ha già trovato una prima sponda: la sala lo applaude al termine di 90 minuti in cui Lévy ricorda la grandezza culturale dell’Europa, i valori che ci accomunano e attacca senza mezzi termini chi considera responsabile del disfacimento del Vecchio Continente, da Putin all’attuale governo italiano.
In una immaginaria camera d’albergo a Sarajevo, simbolo recente dell’Europa martoriata, l’intellettuale è impegnato a scrivere il suo discorso europeista. Immagini desolanti passano attraverso la sua testa e sullo sfondo. Parla di un continente naufragato da un’ondata senza precedenti di nazionalismo, razzismo, xenofobia e antisemitismo. Ricorda al pubblico che Auschwitz è unica e di aver sempre difeso questa unicità da paragoni e banalizzazioni. Ma si chiede che senso abbia ricordare Auschwitz se poi permettiamo Srebrenica. Quando sta per arrendersi, i fantasmi di Dante, Goethe, Stendhal, Havel visitano l’autore per illuminarlo: esiste un’alternativa al populismo, la cultura può disinnescarlo. Il messaggio di fondo di Looking for Europe, titolo dello spettacolo teatrale di Lévy, è chiaro anche se a tratti è difficile districarsi dalle innumerevoli citazioni che il filosofo snocciola dal palco. Passa con disinvoltura da Maimonide a Husserl, afferma che gli europei sono figli di Japheth; ricorda l’indifferenza di molti per il destino della nave Exodus, un atteggiamento che rivede oggi nell’Aquarius. Gli esempi, le citazioni, le esclamazioni corrono e si alternano veloci sul palco, chiedono una buona dose di concentrazione per non perdere il filo, a tratti confondono e forse – se il risveglio delle coscienze è l’obiettivo – sono un po’ troppo roboanti. Ma il messaggio di fondo in ogni caso è chiaro: è l’Europa unita che può garantire ai più deboli una tutela, non la divisione in egoismi nazionali, che può portare solo allo scontro e al conflitto. Per questo Bernard-Henri Lévy ha scelto simbolicamente Milano per partire con il suo tour che lo porterà in una ventina di città europee: il capoluogo lombardo fu il teatro in cui nacque il fascismo (23 marzo 1919, fondazione dei Fasci di combattimento), ha ricordato il filosofo, ed è il simbolo di un errore da non commettere nuovamente. Inoltre, in contrasto con quel passato, Milano oggi, ha proseguito Lévy dal palco, rappresenta un esempio di città aperta, europea, senza confini. Un piccolo modello di Europa possibile. Il pubblico – tra cui il sindaco Giuseppe Sala e gli ex premier Matteo Renzi e Mario Monti – applaude e sembra essere d’accordo.
Daniel Reichel