Il nazifascismo
e le unioni proibite

Professore associato della prestigiosa Università Paris 1 Panthéon-Sorbonne, Didier Boden sta completando uno studio di grande interesse sugli anni del nazifascismo. Un lavoro che di recente l’ha portato anche sul Monte Titano.

Didier Boden, lei sta terminando la redazione di un libro sull’applicazione delle leggi razziali tedesche in materia di matrimoni di tedeschi al di fuori della Germania e delle leggi razziste italiane ai matrimoni di italiani al di fuori dell’Italia. Queste leggi erano di applicazione extraterritoriale? 
In numerosi paesi europei, tra il 1935 e il 1945 (e ancora oggi), il matrimonio fra due tedeschi poteva essere celebrato solo nel rispetto della legge tedesca, il matrimonio fra due italiani solo nel rispetto della legge italiana, ecc. È così che la terza legge di Norimberga del 15 settembre 1935 fu applicata per la prima volta in assoluto non in Germania, bensì ad Amsterdam, il 16 settembre 1935. 
Ma quando la legge straniera è troppo scioccante per l’autorità di celebrazione, quest’ultima rifiuta di applicarla. Non è così? 
In effetti, sì. Ma tra il 1935 e il 1945 molti paesi europei erano vincolati con la Germania da un trattato del 1902 che (secondo alcune interpretazioni) impediva di celebrare il matrimonio di tedeschi in violazione della legge tedesca, anche quando questa legge prevedeva divieti razziali. Così, delle coppie “miste” che avevano creduto di evitare l’applicazione della legge razziale tedesca rifugiandosi, per esempio, nei Paesi Bassi, in Svizzera o in Italia, furono sorprese nell’apprendere che la terza legge di Norimberga era ancora applicata nel loro caso, come un’ombra portata che continuava a proiettarsi su di loro, al di là delle frontiere. 
Il che ci conduce a San Marino. 
Le coppie “miste” tedesche rifugiate in Italia non potevano sposarsi in territorio italiano. Dato che a San Marino la celebrazione dei matrimoni dipendeva unicamente dal diritto canonico della Chiesa cattolica, qualche coppia ebbe l’idea di recarvisi per farvi celebrare il matrimonio la cui conclusione era impedita in territorio italiano. Dal 17 novembre 1938, alcune coppie “miste” italiane ebbero la stessa idea. 
Come reagirono le autorità sammarinesi?
Bisogna distinguere due periodi. Dal 7 febbraio 1936 al 28 agosto 1940, sei coppie poterono sposarsi sul territorio della Repubblica in violazione delle leggi precitate, in un primo momento nell’indifferenza delle autorità civili, poi malgrado la loro riluttanza o a loro insaputa, poi malgrado la loro opposizione; una settima non incontrò nessun ostacolo ma rinunciò al suo progetto, e la domanda di altre due coppie fu respinta. Dal 28 agosto 1940 al 23 giugno 1943, sei coppie si videro rifiutare la celebrazione del loro matrimonio; tuttavia, due coppie poterono sposarsi, sventando la vigilanza delle autorità civili.
La legge razziale sammarinese del 17 settembre 1942 fu applicata?
Bisogna distinguere articolo per articolo. L’articolo 4, riguardante il matrimonio degli italiani a San Marino, fu indubbiamente applicato. 
Le decisioni delle autorità sammarinesi furono il risultato di convinzioni antisemite?
Ciò che ho potuto leggere negli archivi mi ha convinto che il solo movente delle autorità sammarinesi fu quello di non attirare l’attenzione e l’ostilità del vicino potente. In quale misura le concessioni poco gloriose fatte al potere mussoliniano dal governo e dal clero della Repubblica erano necessarie o semplicemente utili per la protezione dei numerosi profughi di San Marino? È una domanda alla quale è difficile rispondere con certezza e precisione.

Pagine Ebraiche marzo 2019

(7 marzo 2019)