Setirot – Speranza

stefano-jesurumSicurezza vuol dire periferie dove un ragazzo di 19 anni non abbia paura di essere colpito da un proiettile di pistola che gli segna la vita. Sicurezza significa dare il diritto a due ragazzi che si vogliono baciare perché si vogliono bene di non avere paura che qualcuno li insulti sull’autobus. Sicurezza vuol dire permettere a un ragazzo che vuole pregare Allah di poterlo fare senza sentirsi deriso. Sicurezza vuol dire per tanti ragazzi prendere l’autobus e andare a scuola con la kippà in testa e sentirsi felici e non vittime di insulti o di paure.
È uno dei passaggi che più mi sono piaciuti del discorso pronunciato da Nicola Zingaretti la sera in cui le primarie lo hanno eletto nuovo segretario del Partito democratico. Parole che – si sia piddini come me o no – dovrebbero essere condivise e auspicate da ogni cittadino in buona fede, se non razzista e fascista. Purtroppo temo che ci sarà chi inizierà – o forse lo ha già fatto – con i distinguo capziosi, con le lagne vittimistiche, con una sorta di sorda volontà di non cogliere mai il positivo bensì di incistarsi perennemente sul negativo. Debbo essere più chiaro? Prendiamo a esempio la grande manifestazione antirazzista di Milano. È stata semplicemente splendida, ha ridato speranza a un popolo che rischiava di rinchiudersi nella propria frustrante malinconia. Ha suonato la tromba del nuovo impegno per un futuro migliore del cupo e incattivito presente. Certo, in mezzo a 200mila donne e uomini, bambini, famiglie, anziani, ha sventolato qualche bandiera palestinese che non c’entrava veramente alcunché. Le ho viste solamente in fotografia, però giurerei che a portarle siano state quelle poche decine di persone che da anni hanno fatto dei diritti palestinesi la maschera del loro antisemitismo.
E allora dai! andiamo avanti. A forza di guardare il dito finiremo sennò col perderci lo spettacolo della luna. Noi che della speranza abbiamo fatto nei secoli la nostra forza – oltre che l’inno di Israele.

Stefano Jesurum, giornalista