Storia – Le omelie anti Hitler e il silenzio di Pio XII

«Le tre prediche del vescovo von Galen procurano anche a noi, sulla via del dolore che percorriamo insieme con i cattolici tedeschi, un conforto e una soddisfazione, che da molto tempo non provavamo. II vescovo ha scelto bene il momento per farsi avanti con tanto coraggio». Così scriveva Pio XII il 30 settembre 1941 al vescovo di Berlino, Konrad von Preysing, per lodare le furenti omelie del presule di Münster contro la decimazione nazista dei disabili che passerà alla storia come l’«Aktion T4». La decisione di papa Francesco di aprire agli storici gli archivi segreti di Eugenio Pacelli riuscirà a fare luce sulle scelte controverse di quel pontefice che, prima di essere eletto al Soglio di San Pietro era stato Nunzio apostolico in Germania e come Segretario di Stato aveva poi firmato il Reichskonkordat con il regime di Adolf Hitler nel ’33? Vedremo. Almeno la lettera a von Preysing, comunque, è nota da anni. Ed è stata ripresa integralmente, ad esempio, nel libro «Un vescovo contro Hitler», dalla vaticanista e scrittrice Stefania Falasca, amica di papa Francesco, il quale deve aver apprezzato in modo particolare, lui che batte e ribatte contro la «cultura dello scarto», certi passaggi della predica più dura e sferzante di quello che passerà alla storia come «II Leone di Münster». «Hai tu, ho io il diritto alla vita soltanto finché noi siamo produttivi, finché siamo ritenuti produttivi da altri?», tuonò allora il grande Clemens von Galen, che dopo esser stato obbligato dal Concordato a giurare fedeltà al regime aveva cominciato a remare contro un poco su tutto, «Se si ammette il principio ora applicato, che l’uomo “improduttivo” possa essere ucciso, allora guai a tutti noi, quando saremo vecchi e decrepiti! Se si possono uccidere esseri improduttivi, allora guai agli invalidi, i quali nel processo produttivo hanno impegnato le loro forze, le loro ossa sane, le hanno sacrificate e perdute!». Fu una bomba, quella predica, tra i cattolici tedeschi. Al punto di costringere Hitler a fermare (formalmente) le decimazioni dell’Aktion T4. «È stato l’attacco frontale più forte sferrato contro il nazismo», sibilò Martin Bormann chiedendo furente l’impiccagione del vescovo ribelle. Ma era troppo amato, von Galen. Troppo popolare. Nessuno osò toccarlo. Tanti anni dopo c’è chi si chiede ancora, angosciato: perché non parlò, il Papa?

Gian Antonio Stella, Corriere della Sera, 6 marzo 2019