PROTAGONISTI ‘Difficile essere ebrei, ma anche divertente’
Guido Lopez / FINCHÉ C’È CARTA E INCHIOSTRI C’È SPERANZA / Mursia
“In questi giorni ho letto pensieri e scritti di e su Guido Lopez, mio padre, come non mi era mai capitato prima. Lui stesso, forse, si sarebbe meravigliato di cotante lusinghiere recensioni e commemorazioni. Spulciando qua e là fra i suoi appunti che ha lasciato fra i suoi scaffali pieni zeppi di libri traboccanti di ritagli e di ‘pizzini’, come si usa dire adesso, ho trovato il conto di un ristorante triestino – 1982 – con un’annotazione sul retro, scritta di getto durante il viaggio di ritorno a casa. Una riflessione sui tanti ‘avrei voluto, ma non…’ che si conclude con queste parole: ‘… il successo – letterario, di giornalista, di persona tra le persone… è andata un po’ così. Ne rimpiango quel di più che non mi è riuscito di avere, e meritavo. Ma ho avuto tante altre cose: alcune, forse, inconciliabili con le prime. Sicché tutto sommato, è un conto come questo, saldato”. Così scriveva Fabio Lopez ricordando suo padre, di cui raccontava anche il vizio (o la virtù) di annotare e conservare tutto: parole ma anche disegni, abbozzi e ritratti. Cartelle piene di schizzi e caricature di persone, che faceva su qualsiasi pezzo di carta avesse a portata di mano, che fossero i fogli di un notes, o il retro di inviti a convegni o di relazioni a simposi. Da quella miriade di fogli è nato “Finché c’è carta e inchiostri c’è speranza”, un volume che si colloca tra il libro di memorie e il diario, curato dal figlio Fabio e pubblicato da Mursia. In uno dei mitici foglietti, che compare in apertura, subito dopo la prefazione di Gino Cervi, si legge: Ritratto di Guido Lopez – Visto da destra: uno scrittore di grandi promesse, che non ha ancora dato il meglio di sé. Visto da sinistra: è diventato copywriter per farsi chiamare ancora scrittore. Visto da se stesso: uno scrittore rientrato Poche righe che sintetizzano in maniera incredibilmente efficace una vita piena, intensa, ricca di incontri e di idee. Un’atmosfera, soprattutto, che si respira in ogni pagina di un volume capace di raccontare un’epoca. Spiega il curatore: “Ho trovato tale annotazione su un foglietto di carta infilato in un quaderno di appunti in libertà. Uno fra i tanti, tantissimi ritagli e riflessioni che Guido Lopez ha lasciato nel suo studio, calderone di volumi (circa diecimila segnature), fascicoli, carteggi, fotografie; calderone di pensieri e di scritti. L’immagine di un poliedro steso, da assemblare come un areoplanino di carta, dove in ciascuna faccia viene rappresentata una esperienza della sua vita vissuta fu l’omaggio augurale del 2008 offerto dalla Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori: mi è parso subito il paradigma della sua vita”. Il riordino delle tante carte di Lopez è stato un lavoro lungo: ne risulterà un archivio accessibile agli studiosi, e che il Ministero per i Beni Culturali ha riconosciuto essere di interesse storico. Racconta ancora Fabio: “Nella sua dimora – fin dal giorno delle nozze con Gigliola Colombo (mia madre) nel 1949 – ha conservato tutto, come un criceto. La difficoltà per noi è stata di trovare il bandolo della matassa in un garbuglio di scritti e annotazioni qua e là disposti e archiviati; ci ha aiutato il puntiglio e la meticolosità nel riporto della data e del luogo o nella allegazione all’interno di fascicoli per argomento. Nel cucito delle datazioni ci ha aiutato la collezione delle sue agende da tasca, dove annotava tutto ciò che faceva, come fosse un rendiconto di cassa”. In uno dei due scritti che compaiono in chiusura del volume si ritrova poi il rapporto con Primo Levi, con cui si ritrovò in una comunanza di visione e prospettiva. Si era immerso nei libri dello scrittore piemontese e scriveva: “Da questa immersione sono riemerso ripetendomi, più sicuro che mai, il titolo Se non lui, chi di un mio intervento su Primo Levi a seguito della quale un suo biglietto mi diceva: ‘Ti propongo uno slogan: essere ebrei è difficile, pericoloso, ma stimolante'”.
Ada Treves, Pagine Ebraiche, marzo 2019
Carta e inchiostro: la speranza per Guido Lopez
Guido Lopez è stato molte cose: scrittore, giornalista, organizzatore e promotore culturale, pi-erre prima che nascessero le pubbliche relazioni. Nato nel 1924 in una colta famiglia sefardita milanese, ha vissuto molte vite che si sono intrecciate con i grandi avvenimenti della Storia italiana. Da diari, fogli sparsi, articoli, appunti – un patrimonio enorme – è nato un volume quasi di memorie. Finché c’è carta e inchiostri c’è speranza, pubblicato da Mursia, è stato curato dal figlio, Fabio Lopez, mentre la prefazione è di Gino Cervi. La scansione del volume, in quattro parti suddivise in ordine cronologico – dall’adolescenza fino alla fuga in Svizzera, l’esilio, la ripresa nella fucina dell’editoria, il mondo pubblicitario – ha poi una ulteriore particolarità: si componeva originariamente di quattro parti scritte con penna diversa, come racconta il figlio Fabio, corrispondenti a quattro periodi molto differenti della vita. I primi anni frutto di memoria ricomposta, poi la stilografica dell’immediatezza nel periodo elvetico, i caratteri ponderati del cronista e scrittore con la lettera 22 olivetti, divenuta elettrica e infine protocomputeristica. Come scrisse Fabio: “Tra un appunto e l’altro, un articolo ed uno scritto, fra migliaia di libri uno sull’altro, Guido ci ha lasciato un sapere profondo e determinato, il rispetto per il prossimo, l’essere come una cosa seria: ma senza esagerare. Più ebreo di così…”.