“San Marino, grazie per l’aiuto”
“La più antica Repubblica del mondo, San Marino, lieta che il popolo ebraico abbia potuto realizzare il proprio sogno ottenendo la piena indipendenza e sovranità, porge il suo saluto cordiale alla novella Repubblica, augurando benessere e prosperità al Governo e al Popolo d’Israele”.
Lo Stato ebraico è nato da più di un anno, si è messo alle spalle un conflitto durissimo, ha preso definitiva coscienza che la sua quotidianità sarà tutto fuorché in discesa. Il riconoscimento ufficiale di San Marino, attraverso la lettera che il Segretario di Stato Gino Giacomini invia a David Ben Gurion nel luglio del 1949, arriva apparentemente in ritardo. Ma è solo questione di diplomazia. Perché, come lo stesso Giacomini comunica al ministro degli Esteri Moshe Sharrett in un appunto riservato e personale, “questa circostanza si spiega soprattutto col fatto che non abbiamo voluto precedere in tale atto l’Italia, per ovvie ragioni, benché il nostro Stato sia del tutto sovrano e indipendente”.
Documenti che fanno la Storia e svelano intrecci profondi, come ha ricostruito in un suo recente intervento Patrizia Di Luca, Responsabile del Centro di ricerca sull’emigrazione di San Marino. Pubblicato dall’Annuario della Società Dante Alighieri, l’intervento si focalizza anche sulla risposta di Ben Gurion e sul significato che tali parole ebbero nel rievocare una vicenda che stava a cuore ad entrambi. Sottolinea lo storico leader sionista: “Desidero esprimere, a mio nome e a quello del Governo di Israele, i nostri più sinceri ringraziamenti per questa deliberazione, con la quale vengono stabilite relazioni di amicizia tra i nostri due Paese”. È quello che segue a colpire in modo particolare: “Non possiamo dimenticare – dice infatti Ben Gurion – il nobile atteggiamento adottato durante l’ultima guerra dalla Repubblica di San Marino, che ha protetto e salvato molti nostri correligionari, stabilendo in tal modo legami che costituiscono un eccellente augurio per le nostre relazioni future”. L’attestazione solenne di una storia di coraggio, ancora troppo poco nota, che vide protagonista la gloriosa democrazia sammarinese nei mesi bui. In tanti trovarono qui ospitalità dalle persecuzioni, protetti da una significativa rete di accoglienza e amicizia.
Commovente allora rileggere le parole che lo stesso Giacomini, come riporta Di Luca, pronunciò nel suo discorso del 5 luglio 1949: “L’atto che il governo propone di compiere solennemente in questa Assemblea, e cioè il riconoscimento di Israele da parte del più antico Stato del mondo, è vivamente atteso e sollecitato. Esso trae ragione dallo spirito di libertà che anima tutta la nostra storia e da imprescindibili esigenze di ordine internazionale e non può che dare lustro, onore e autorità alla nostra Repubblica”.
Al termine del discorso, viene segnalato, la Reggenza apre la discussione. La proposta di riconoscimento è approvata per “alzata e seduta” all’unanimità.
Un gesto che, in un Parlamento che su altri temi esprimeva posizioni politiche molto diverse, testimonia per Di Luca “un concorde sostegno allo Stato di Israele e la mancanza di sentimenti antisemiti nell’ambiente sammarinese, così come era stato dimostrato concretamente con l’accoglienza durante le persecuzioni razziali e, già nei primi decenni del Novecento, con la nomina di cittadini di religione ebraica in incarichi diplomatici e consolari”.
Adam Smulevich, dossier Oltreconfine Pagine Ebraiche marzo 2019
(12 marzo 2019)