spreco…
Una quantità impressionante di cibo: 2,5 milioni di tonnellate, il 23% del totale prodotto. È ciò che finisce al secchio in Israele in un anno. È quanto emerge dal rapporto di Leket recentemente pubblicato. C’è una possibile obiezione, che potrebbe suonare così: “d’accordo, c’è abbondanza dunque le cose avanzano e si buttano. Segno di ricchezza, che male c’è?” A parte l’ovvia risposta che “magari l’abbondanza fosse per tutti”, c’è che secondo questo rapporto tale quantità di spreco fa aumentare i prezzi del cibo stesso, togliendo così ulteriormente la possibilità di acquisto per chi non ne ha.
Esiste infine un livello più profondo: se anche queste risposte pratiche non dovessero più sussistere, ossia davvero tutti avessero cibo da sprecare, l’atteggiamento di spreco non è tollerabile. I Maestri lo collegano al divieto “bal tashchìt”, non distruggere. Nella Torah, tale divieto compare esplicitamente in relazione all’albero da frutta in una situazione di assedio; i Maestri però lo estendono ad ogni circostanza e ad ogni tipo di distruzione, perfino indiretta. Fino al punto che in linea di principio “se una persona può mangiare pane di farina d’orzo e invece mangia pane di farina di grano, o se può accontentarsi della birra e invece beve vino, trasgredisce la regola del bal tashchìt” (!) (TB, Shabbat 140b). Rav S.R. Hirsch, eminente rabbino tedesco del XIX secolo, spiega che l’uso delle risorse naturali è legittimo fintanto che assennato; invece l’uomo che distrugge e che dispone di tali risorse dando sfogo ingiustificato ai propri istinti, smette di essere uomo ed è equiparato a un animale predatore; provocherà la collera divina e il Signore si ergerà a difensore del Suo creato contro l’uomo.
Leket, come organizzazioni analoghe operanti in altri Paesi, si propone di ridurre questo spreco, recuperando cibo inutilizzato dai produttori agricoli, da catering e ristoranti, e distribuendolo a chi ne ha bisogno. È un caso interessante di elaborazione di un comandamento della Torah, “quando mieterete il vostro raccolto, non… tornerete a raccogliere le spighe cadute…[bensì] le lascerete al povero e allo straniero” (Lev. 23:22), con significato traslato e attualizzato: ispirandosi alle norme bibliche, che pure Leket rispetta scrupolosamente nella loro lettera, il recupero è oggi focalizzato sul cibo pronto piuttosto che sulla spiga caduta, mettendo così in pratica la sostanza della mitzwà.
Michael Ascoli, rabbino