trasgressioni…

“Se una singola persona del popolo peccherà involontariamente, facendo una delle cose che il Signore ha comandato di non fare e si accorgerà di essere in colpa…”( Levitico 4,27). Il testo della Torà prosegue specificando tipologia e norme per il sacrificio di espiazione previsto per tale trasgressione involontaria. Il midrash normativo, midrash halakhà, riportato nel Talmud, interpreta il testo come affermazione del principio per cui il soggetto è considerato trasgressore solo se ha compiuto personalmente e da solo, cioè senza la collaborazione di altre persone, l’intera azione: “Se una persona singola ha compiuto l’azione (proibita) è considerato colpevole, se l’hanno compiuta due (o più) persone sono esenti da colpa” (Talmud B. Shabbat 3a). Questo criterio di halakhà appare esaminato, attraverso il confronto con principi di giurisprudenza seguiti nella legislazione israeliana e con richiami a studi di sociologia e a contesti reali di assoluta attualità, in un approfondito studio redatto da Michal Tikocinski, giurista, vive in Israele dove insegna Talmud e halakhà in alcune midrashot per pubblico femminile. È citata come rabbanit in quanto moglie di rabbino ortodosso. Ne riporto brevemente alcuni punti.
Il principio di halakhà che prevede esenzione da colpa nel caso che la trasgressione venga realizzata insieme ad altre persone è particolarmente applicato in relazione a trasgressioni relative ai lavori proibiti di shabbat anche se il contesto in cui si trova affermato non riguarda in modo specifico lo shabbat. Questo tipo di esenzione si richiama a diversi principi di halakhà, che l’autrice esamina dettagliatamente, relativi ad esempio alla definizione della “misura minima” che determina il compiersi dell’azione proibita e all’identificazione precisa del soggetto che la compie. Al di là delle categorie prettamente di carattere normativo, sulle quali si basa la halakhà che riduce la responsabilità di una trasgressione compiuta congiuntamente da più persone, lo studio considera alcune caratteristiche che può subire l’azione di una persona quando si trova ad interagire con altri, specialmente se questo tipo di interazione avviene in maniera passiva, subendo un condizionamento di fatto esercitato da altri, piuttosto che per esplicita scelta personale; in particolare si riscontra il calo, anche drastico e persino totale del senso di responsabilità individuale e della capacità di percepire la natura dell’azione che si compie, come avviene purtroppo nel caso di reati nei quali la compartecipazione porta i soggetti ad interpretare come lecite azioni chiaramente proibite dalla legge. L’aspirazione a trovarsi in sintonia ed accordo con il gruppo di appartenenza diviene tanto forte da portare il soggetto a trascurare l’evidenza dei fatti, a considerare lecita un’azione immorale o un vero e proprio crimine – “perché se cosi fanno tanti evidentemente ci sarà un motivo” – quasi una sorta di autocensura, in conseguenza della quale la persona tende a trascurare ogni considerazione di carattere etico ed a giustificare tutto ciò che viene compiuto dal gruppo.
Lo studio considera quindi significativo il fatto che l’esenzione, che la halakhà riconosce per trasgressioni relative allo shabbat, commesse congiuntamente con altre persone, non sia invece generalmente riconosciuta dalla normativa ebraica nelle colpe inerenti ad azioni compiute a danno di altre persone. Così come la halakhà riconosce pienamente colpevole in prima persona chi compie un crimine agendo come esecutore di ordini ricevuti, senza che la condizione di “ordine ricevuto” possa costituire attenuante, analogamente è necessario ribadire che non c’è attenuante nel compiere reati in quanto partecipi di un gruppo coinvolto in tali azioni. È necessario educare al senso di responsabilità personale, relativamente all’azione propriamente colpevole ma anche – mia riflessione – verso l’indifferenza nei confronti di tali comportamenti. “Così fanno in tanti” o “cosi dicono molti” non può essere una giustificazione al silenzio delle coscienze.

Giuseppe Momigliano, rabbino capo di Genova

(13 marzo 2019)