La caduta di Aman
La figura di Aman, a partire dal racconto della Meghillà di Ester, così come sempre è stata vissuta nel sentire del popolo ebraico, rappresenta il nemico che in ogni tempo si attiva col proposito di sterminare e distruggere gli ebrei, senza pietà e quasi senza averne egli stesso un vero e proprio interesse; le parole di Aman sono dai tempi biblici esemplari dell’odio e del pregiudizio che non tollera l’esistenza degli ebrei nella loro diversità “esiste un popolo sparso e disseminato tra le nazioni, in tutte le provincie del tuo regno, le loro leggi sono differenti da quelle di ogni altro popolo e non adempiono alle leggi del re e il re non trae vantaggio dal tollerarlo. Se al re piace, sia scritto di annientarli…” (Ester 3,8). Non importa che gli ebrei dell’epoca non intendevano affatto mettere in mostra la loro diversità, come è dato leggere tra le righe del racconto, nel quale rimangono di fatto nell’ombra fino al momento dell’incombente tragedia, l’odio antiebraico di Aman così radicale non è alimentato da fatti specifici, lo stesso rifiuto di Mordechai di rendergli l’omaggio dell’inchino è solo una causa scatenante, è un’ostilità perversa e totale, in qualche modo connesso alla sua stessa natura. Con Aman non c’è possibilità di trattativa, di spiegazioni. È lo stesso male assoluto che abbiamo conosciuto nella Shoah. Contro il male assoluto si deve agire e lottare fino alla sua completa sconfitta, infatti Aman viene impiccato e la stessa sorte toccherà ai suoi dieci figli e molti dei suoi fedeli troveranno la morte nei tumulti che li vedono soccombere. Contro il male assoluto il popolo ebraico deve ritrovare la forza spirituale della fede in D.O e il coraggio della propria dignità. Contro il male assoluto agisce la provvidenza nascosta anche nell’apparente casualità degli eventi. C’è una dimensione di malvagità che si è manifestata nella storia dell’uomo e che non possiamo dimenticare perché è sempre pronta a riemergere. Per questo la Torà prescrive “Ricorda quello che ti ha fatto Amalek” Amalek è l’antenato di Aman.
E tuttavia i nostri Maestri ci schiudono anche uno spiraglio riguardo ad un futuro diverso, riguardo al fatto che persino dal male assoluto possa scaturire qualcosa di nuovo; è scritto nel Talmud “Alcuni discendenti di Aman hanno studiato Torah a Benè Berak” ( Talmud B. 57b). Forse ci hanno voluto insegnare che la sconfitta completa di Aman non si è compiuta nel momento della sua condanna, ma nel momento che “i suoi discendenti”, diremmo anche i suoi epigoni, i fedelissimi delle teorie che portano a teorizzare poi a perpetrare stermini, che accarezzano idee di supremazia di una “razza”, di una “civiltà”, questi “figli e discepoli di Aman” avranno riconosciuto che nelle parole di D.O, nella Torah ci sono valori eterni di giustizia, insegnamenti di fede e Comandamenti che costituiscono la vita del popolo d’Israele. Qualcuno di loro, anche qualcuno dei discendenti del mostro nazista, ha scelto di cercare la vita nel popolo che i loro avi avevano cercato distruggere. Anche per questo si dice che tutto nella storia di Purim, l’antica e quella del presente, è segnato dal capovolgimento degli eventi.
Giuseppe Momigliano, rabbino capo di Genova