Nel nome del capitano Levi,
la Memoria a colpi di pedale
Una nuova appassionante sfida per Giovanni Bloisi, il ciclista della Memoria che i nostri lettori già conoscono per le sue imprese frutto di passione civile e tenacia. Dopo aver raggiunto a pedali i più importanti luoghi del ricordo europei legati alla Shoah, dopo aver macinato chilometri per portare nuova luce e attenzione sulle vicende di Sciesopoli ebraica, l’ex colonia fascista di Selvino che nel dopoguerra ospitò centinaia di bambini sfuggiti all’annientamento, ad attenderlo c’è adesso un itinerario inedito sulle tracce di un gruppo di ebrei in lotta contro il regime che in bicicletta oltrepassarono le linee nazifasciste per aggregarsi agli Alleati e per svolgere in un secondo momento un ruolo di primaria importanza nell’immigrazione dal Sud Italia verso il nascente Stato ebraico.
La dedica di questo nuovo viaggio primaverile per cui intensamente si sta allenando è al capitano Enrico Levi, figura simbolo dell’Aliyah Bet, di cui negli scorsi mesi ricorrevano i 100 anni dalla nascita. Il viaggio, che ha tra i suoi sostenitori i comitati provinciali Anpi di Milano, Varese e Padova, UCEI, Comunità ebraica di Padova, Associazione Italia-Israele di Milano e l’associazione Figli della Shoah, può contare tra gli altri sul lavoro preparatorio dello studioso Marco Cavallarin e ricalcherà quello che prese avvio a Padova il 19 settembre 1943.
Nato a Cremona il 6 aprile 1918, allievo dell’Istituto Nautico Sebastiano Venier di Venezia, Enrico Levi era l’unico cadetto ebreo della flotta italiana quando ne venne espulso per effetto delle leggi razziste del 1938. Gli fu imposto il lavoro obbligatorio a Padova. Quindi fece parte delle attività a sostegno dei profughi ebrei a Orciano (Pisa), a Milano e a Genova. Partecipò poi allo sbarco alleato di Anzio e alla Resistenza in Francia meridionale.
Enrico Levi partì, con cinque amici, da Padova per raggiungere le truppe alleate che in Puglia risalivano la penisola. Con i suoi amici attraversò più volte il fronte nemico per compiere la sua missione di Resistenza e di organizzazione dell’Aliyah Bet: il 21 agosto 1945 fu lui a salpare da Bari con il vecchio peschereccio Dallin, portando 37 persone verso il futuro Stato di Israele: quella fu la prima di 34 traversate da lui organizzate, e tutte riuscite.
Compiuta l’Aliyah, Levi divenne direttore dell’Accademia Navale di Akko, alla cui fondazione aveva contribuito fin dalla sua istituzione. Insegnò presso la Scuola Navale del Technion di Haifa. Diresse quindi il porto di Eilat e quello di Ashdod.
“Restai in Svizzera fino al luglio del 1943, quando decisi di tornare in Italia per le vacanze estive, sconsigliato da tutti. Non avevano tutti i torti: l’8 settembre infatti la Germania dichiarò guerra all’Italia e io decisi di combattere per contribuire alla liberazione dell’Italia dai fascisti e dai tedeschi e di unirmi all’esercito alleato” raccontava Vittorio Sacerdoti, uno degli eroici giovani accanto a Levi, nel diario da cui è stato possibile ricostruire l’itinerario completo della missione. “Il 19 settembre – aggiungeva poi – partii in bicicletta verso il Sud per raggiungere gli alleati. Giunto a Ripabottoni (Campobasso), attesi con altri che il fronte, già prossimo, si avvicinasse. In questo paese fui preso dai tedeschi quale ostaggio per una mancata consegna di viveri da parte della popolazione locale. Fui messo al muro sulla piazza del paese, ma miracolosamente riuscii a fuggire”.
Una fuga per la libertà, che questo nuovo viaggio di Bloisi rievocherà su strada ma anche attraverso incontri con le amministrazioni, i cittadini, le scuole.
(20 marzo 2019)