Arte e risoluzione dei conflitti:
100 voci, da Israele a Roma
Esiste un ruolo per l’arte nella risoluzione dei conflitti?
È la domanda che sta al cuore del volume “Can Art Aid in Resolving Conflicts? 100 Perspectives” (Frame Publishers, 2018) nato da una conferenza del 2016 in Israele e curato dai professori Noam Lemelshtrich Latar, Jerry Wind e Ornat Lev-er con 100 interventi firmati da artisti, musicisti, architetti, curatori e direttori di musei e istituti d’arte di quaranta nazionalità, di fama mondiale ed emergenti, che indagano il ruolo potenzialmente costruttivo di varie forme espressive.
Libro che animerà quest’oggi un confronto al Centro Studi Americani di Roma sul tema “Arte e conflitti sociali nella contemporaneità” che alle 17.30 vedrà al tavolo la coautrice Ornat Lev-er, docente alla Sammy Ofer School of Communications IDC di Herzliya insieme ad Alfredo Pirri, artista e docente presso l’Accademia di Belle Arti de L’Aquila, con un intervento dal titolo “Risolvere i conflitti? La distanza tra conflitti sociali e arte in antichità e ai giorni nostri”; Giorgia Calò, critico d’arte e curatore, oltre che assessore alla Cultura della Comunità ebraica di Roma, con una relazione su “Usi e abusi dell’immagine in arte e strumentalizzazioni politiche”; la giornalista e critica d’arte Santa Nastro.
Ad aprire il dibattito i saluti istituzionali di Carlotta Ventura, direttore del Centro Studi Americani, e Michèle Seguev, addetta culturale dell’Ambasciata d’Israele.
La relazione di Calò si focalizzerà su quando nel recente passato l’arte si è messa al servizio della politica e si è lasciata strumentalizzare per fini propagandistici. Quando quindi invece di assolvere una funzione benefica, ha creato un baratro nella convivenza tra i popoli. “L’esempio più eclatante in questo senso – afferma Calò – resta senz’altro l’arte di regime e l’uso/abuso che si è fatto dell’immagine durante il nazifascismo”.
Questi due regimi totalitari furono infatti i primi nell’Europa occidentale “ad utilizzare in forma massiccia la propaganda sfruttando tutte le forme moderne di comunicazione (radio, televisione, cinema, stampa) con lo scopo di influenzare e plasmare l’opinione pubblica, arrivando a inoculare l’odio verso l’ebreo mostrandolo in tutte le sue forme più dispregiative”. I nazisti danno inizio ad un vero e proprio programma di pulizia etnica anche nell’ambito dell’arte, rimuovendo dai musei tedeschi opere considerate “degenerate”. Seicentocinquanta di queste opere, ricorderà oggi Calò, vennero esposte al pubblico nella mostra Arte degenerata (Entartete Kunst). Inaugurata da Hitler e Goebbels nel luglio 1937 a Monaco di Baviera il giorno successivo all’inaugurazione della Grande mostra dell’arte tedesca e nelle immediate vicinanze, che esponeva appunto l’arte di regime.
L’evento è realizzato in collaborazione con: Centro Studi Americani, Ufficio Culturale dell’Ambasciata d’Israele in Italia, Sammy Ofer School of Communications IDC Herzliya, IIFCA – Fondazione Italia-Israele per la Cultura e le Arti.
(21 marzo 2019)