Il digiuno di Ester

Ester, pensava, avrebbe in altro modo mostrato il suo dispiacere, il suo dolore, la sua ira. Non come Vashtì, lei aveva un altro carattere. Ester non avrebbe mai saputo ribellarsi con tanta veemenza, resa schiva già dalla sua bellezza che con pudore cercava di celare. Se il re le avesse chiesto di mostrarsi, pur restia, non avrebbe potuto dirgli di no con tale alterigia.
Vashtì invece, aveva saputo rifiutare categoricamente di mostrarsi a quella festa empia di ubriachi. Neppure diversi ebrei del resto avevano negato al re Achashverosh la loro partecipazione, nonostante il timore che il cibo non fosse kasher, e soprattutto nonostante la dissacrante ragione del convegno: deridere il popolo conquistato e deportato indossando gli abiti del loro Cohen Gadol rubati dal Bet HaMikdash distrutto.
Perché, rifletteva Ester, dover essere esibita come un trofeo, per il proprio aspetto? Del resto Vashtì aveva saputo reagire forse anche per il suo sprezzo degli altri, persino del re, con cui condivideva la volontà di umiliare il popolo ebraico – come altrimenti si poteva chiamare la negazione alle serve ebree del riposo sabbatico?
Ma più forte della modestia e della ritrosia poté il pericolo corso dal suo popolo, nel momento in cui il perfido consigliere del re aveva avuto il consenso del monarca ad uccidere l’ebreo Mordechai che non si inchinava al suo passare, anzi la liceità di sterminare gli ebrei tutti. Estirparli come una pianta, eliminarli dalle radici, distruggerli. Non era bastato sopravvivere al Faraone e alla sua furia genocidiaria, vedere distrutto il Tempio, essere portati in cattività a Babilonia. Mordechai aveva spiegato ad Ester che lei unica avrebbe potuto dissuadere Achashverosh dal lasciare mano libera al suo malvagio braccio destro (sia cancellato il suo nome come quello di Amalek).
Così Ester aveva digiunato per tre giorni e pregato, e tutto il popolo con lei, prima di presentarsi davanti al re senza invito.
Ci pensa ancora oggi, Ester, un po’ debole per il digiuno di ieri e un po’ affaticata dal banchetto della sera, in cui ha festeggiato di nuovo il ribaltamento delle sorti e la sopravvivenza del popolo. Digiuna ogni Purim da oltre duemila anni Ester, ed ogni volta una ragione si aggiunge. Ha digiunato dopo la scomparsa di Ilan Halimi, con la speranza che le sue ricerche si facessero più serie. E dopo che la sua targa commemorativa era stata vandalizzata, una volta e ancora. Ha digiunato ad ogni segno di mezuzà tolta dalle porte delle case ebraiche di Francia per non renderle vulnerabili. Ha digiunato per ogni donna costretta a sentirsi oggetto, chiamata a mostrarsi come Vashtì, o viceversa nascosta perché gli altri non la vedessero, per ogni donna malmenata con l’accusa di essere troppo qualcosa o non abbastanza qualcos’altro. Protesta e richiesta si mescolano nei suoi digiuni, forse il Signore che è nascosto si svelerà, forse arriverà un altro miracolo, non eclatante come l’apertura del mare nell’uscita da Mitzraim ma altrettanto potente quanto quello che lei ha deciso fosse messo per iscritto e che ogni anno leggiamo il 14 di Adar.

Sara Valentina Di Palma

(21 marzo 2019)