Discutere sul diritto o esercitarlo?
Il programma dello Shabbaton di Senigallia così come è stato anticipato alcuni giorni fa si presenta ricco e interessante. Mi incuriosisce in particolare il tema del confronto tra diritto ebraico e diritto dello Stato. Purtroppo, però, gli ebrei che vivono in città molto lontane da Senigallia il 26 maggio saranno messi di fronte a una scelta difficile: per discutere sul diritto correrebbero il rischio di non poter esercitare il proprio diritto di voto alle elezioni europee e, per i piemontesi, anche a quelle regionali. Non so quali siano le ragioni che hanno spinto la Comunità Ebraica di Ancona e l’UCEI a organizzare lo Shabbaton proprio nel weekend elettorale. Riconosco che, se si prendono per buone le 5 ore e 12 minuti da Senigallia a Torino stimate da Google Maps, e anche nell’ipotesi di un allungamento dei tempi per il traffico, non si può parlare di un’incompatibilità vera e propria, tanto più che i seggi dovrebbero restare aperti fino alle 23. Ammetto dunque che il rischio di non fare in tempo a votare per chi partisse da Senigallia nel primo pomeriggio non sarebbe elevatissimo, e tuttavia è un rischio che personalmente non mi sento di correre. Troppo alta la posta in gioco, troppo inquietanti le ombre che si addensano sull’Europa per rischiare di avere per tutta la vita il rammarico di non aver fatto la mia parte per tentare di fermarle.
Probabilmente esagero, probabilmente sono un caso isolato, e dunque lo scrivo senza intenti polemici ma solo per segnalare questo curioso paradosso. D’altra parte il paradosso è una componente essenziale della nostra identità di ebrei diasporici.
Anna Segre