Israele, ponte tra Occidente e Oriente
In Europa molti partiti sovranisti e xenofobi sostengono Israele perché vi scorgono un avamposto di difesa all’Islam e al mondo arabo, mentre altre correnti politiche invitano al boicottaggio perché lo considerano uno stato razzista. Un paradosso se si pensa che Israele ha entro i propri confini una popolazione araba di oltre cinque volte quella europea – in Unione Europea la popolazione islamica è il 3,8% di quella totale, in Israele è il 21%, suddivisi tra il 12% di musulmani e il 9% di cristiani -, la lingua araba riconosciuta ufficialmente, rappresentanti politici arabi e musulmani alla Knesset, minareti che svettano nelle proprie città, sempre più laureati e dottorandi arabi nelle università israeliane ed istituzioni e stazioni radio arabe sovvenzionate dal governo. Per molti versi uno stato di giorno in giorno più vicino per aspetto e mentalità al Medio Oriente, anche a causa dell’ormai preponderanza della popolazione mizrahi e sefardita su quella ashkenazita.
Uno scenario che certo anche all’interno d’Israele e ai suoi confini non tutti esaltano e vorrebbero conservare. Gli attentati e i razzi di Hamas non sono mai cessati, e si legge poi con preoccupazione sia in Israele che in diaspora la possibile coalizione postelettorale tra gli integralisti di Otzma Yehudit, seguaci di Meir Kahane – mai giunti in parlamento -, e il Likud di Benjamin Netanyahu. Eppure, sempre che Israele in futuro non voglia davvero tradire la sua natura democratica e liberale, si tratta questa di una realtà, piaccia o meno, difficilmente alterabile. Al contrario non rimane che incentivare questa potenziale convivenza, già effettiva e riuscita per quanto sovente inconsapevole, questa straordinaria miscela tra Occidente e Oriente non riscontrabile altrove. Non un’isola, ma un ponte tra più mondi, giusto in conformità con la propria storia e identità ebraica.
Francesco Moises Bassano