Bratislava e i raid nazisti,
il coraggio dei conti Gyulai

Agosto del 1944. Sono i giorni della spietata repressione nazista, a Bratislava e dintorni. Per gli ebrei costretti alla clandestinità sono ben poche le porte ad aprirsi. Una rara eccezione è quella del palazzo dei conti Stefan ed Elisabeth Gyulai, che accolgono nella loro proprietà la famiglia Fischer. Una storia di coraggio a lieto fine, riconosciuta dallo Yad Vashem con l’attribuzione del titolo di “Giusti tra le nazioni” in memoria dei coniugi Gyulai. Quest’oggi, nella cornice del Centro Ebraico Il Pitigliani di Roma, la consegna ufficiale dell’attestato ai discendenti nel corso di una cerimonia segnata, come spesso accade in circostanze analoghe, da forti emozioni. Presenti tra gli altri i sei capofamiglia Gyulai (tutti nipoti dei Giusti) residenti in Italia, con rispettivi familiari, Avri Fischer (con moglie, figli e familiari), figlio dei salvati David Fischer e Lily Perl. La medaglia e l’attestato dello Yad Vashem sono stati consegnati dall’ambasciatore Ofer Sachs. Ad intervenire anche Ambra Tedeschi, direttrice del Pitigliani.
“È un grande onore partecipare a questo evento eccezionale. Sento che lo spirito dei miei cari defunti genitori è qui con me e la mia famiglia. Nel profondo del mio cuore sento di parlare anche a nome loro” ha detto Avri Fischer, all’epoca bambino.
Come ricordato oggi, quando scoppiò la rivolta slovacca contro il governo locale filo-tedesco le forze della Germania presero il controllo della Slovacchia. Oltre alle loro forze militari, la Gestapo e le famigerate unità delle SS si dedicarono, insieme con le “guardie Hlinka” locali, a perseguire quegli ebrei che erano ancora nel paese e a deportarli nei campi di concentramento, la maggior parte dei quali erano luoghi di omicidio sistematico.
“Quello – ha detto il testimone – fu il segnale allarmante che portò la nostra famiglia a nascondersi. La domanda cruciale era: dove nascondersi? In quel momento di pericolo i nostri vicini si fecero avanti: il conte Stefan e la contessa Elisabetta Gyulai offrirono come nascondiglio per noi, loro vicini, un capanno in rovina, situato all’estremità superiore del loro giardino, che usavano per conservare legna e casse. A quel tempo, gli avvertimenti delle autorità ammonivano chiaramente che chiunque avesse teso la mano per aiutare gli ebrei avrebbe messo a rischio non solo la propria vita, ma anche la vita dei propri cari”.
Pertanto, ha aggiunto Fischer, “i miei genitori suggerirono alla famiglia Gyulai che, qualora il rifugio fosse stato scoperto, i suoi dimoranti avrebbero dichiarato di aver occupato la baracca senza che i proprietari ne fossero a conoscenza, mentre i conti avrebbero dichiarato che da molto tempo non sapevano più ciò che stava accadendo nella parte superiore del giardino e nella baracca”.
Il capanno isolato nel giardino dei Gyulai, meno di dodici metri quadrati, non aveva né l’impianto elettrico né quello idrico o servizi igienici. Il semplice tetto in legno e le pareti non avevano isolamento termico: “È difficile – ha detto Avri – immaginare come i suoi abitanti siano sopravvissuti ai durissimi mesi invernali del 1944-1945. Durante la feroce battaglia per la liberazione di Bratislava da parte dell’Armata Rossa, la baracca era sull’orlo del collasso, mettendo così in pericolo le vite dei suoi abitanti. Una notte, su offerta della famiglia Gyulai, gli ospiti si trasferirono in una struttura di cemento accanto a un serbatoio sotterraneo, vicino alla residenza dei conti. Furono liberati tutti il 4 aprile 1945”.
Una bella storia di solidarietà e umanità celebrata ora nella forma più solenne.

a.s twitter @asmulevichmoked

(25 marzo 2019)