Controvento
Le stelle del cervello

kasamInbal Goshen, giovane e brillante neuroscienziata del Edmond and Lily Safra Center for Brain Sciences (ELSC) presso la Hebrew University of Jerusalem, definisce gli astrociti, così chiamati per la loro forma stellare, le Cenerentole del cervello.
Fino a pochi anni fa non erano presi in considerazione, parte di quella informe materia collosa, la glia, che circonda i neuroni e li sorregge come una impalcatura. Oggi invece le ricerche si stanno focalizzando sempre di più su queste particelle simili alla stella marine, che pare abbiamo un ruolo fondamentale nella fissazione della memoria, nella trasmissione epigenetica e anche nella genesi delle malattie neurodegenerative. “Gli astrociti sono come le donne –spiega Inbal. Nutrono i neuroni, li puliscono, li sorreggono, mantengono l’equilibrio e la salute. Ma tutto il plauso va a loro, i maschi, mentre le stelline vengono ignorate. È giunto però il momento della riscossa”. Uno dei ruoli più interessanti degli astrociti, si è scoperto, è quello di potenziare e fissare la memoria. Grazie all’optogenetica, una tecnica scoperta negli ultimi anni, che consente di attivare o inibire le cellule grazie a una manipolazione genetica che le rende sensibili ai raggi luminosi, si è visto che attivando gli astrociti nell’ippocampo durante l’apprendimento, i neuroni vengono potenziati e si impara meglio, più rapidamente e con effetto più duraturo. Questo accade (per ora solo nelle cavie, perché l’optogenetica è invasiva e ancora non si applica agli esseri umani) solo se la stimolazione avviene nel momento dell’apprendimento, non dopo o prima. E solo stimolando gli astrociti: se si attivano i neuroni, la memoria non solo non si accresce, ma anzi diminuisce. “Questo ci fa sperare nella possibilità di poter intervenire sulla memoria, soprattutto nelle malattie degenerative come l’Alzheimer” dice Inbal. Ma non solo. Come si attiva, così, sempre attraverso l’optogenetica, la memoria può essere soppressa manipolando solo gli astrociti. Perché? Secondo Goshen, gli astrociti possono immagazzinare energia e distribuirla quando necessario ai neuroni. E l’energia è fondamentale nella fase di apprendimento. “Noi pensiamo che in tutte le malattie neurodegenerative ci sia un problema di astrociti, dall’Alzheimer, alla depressione, alla schizofrenia, alle sindromi post-traumatiche, che derivano da un eccesso di memoria, al contrario dell’Alzheimer che si manifesta invece con una drammatica riduzione della memoria”, spiega. “Tanto che c’è chi arriva a relegare i neuroni al ruolo di linee elettriche che trasmettono l’informazione elaborata dagli astrociti”.
Se questo si dimostrerà vero anche quando sarà possibile la sperimentazione sull’uomo, si potrebbero aprire nuovi orizzonti terapeutici per malattie che finora non hanno una cura.
Sempre all’ELSC della Hebrew University, la scienziata Hermona Soreq lavora sui processi infiammatori della glia alla base delle degenerazioni neuronali che portano all’Alzheimer.
“Sono studi estremamente promettenti”, spiega Pietro Calissano, presidente emerito e fondatore insieme a Rita Levi Montalcini dell’European Brain Research Institute di Roma. “Tant’è vero che il nostro Istituto ha avviato in passato una collaborazione con Hermona Soreq nella speranza di trovare nuove prospettive nella terapia delle malattie neurodegenerative”.

Viviana Kasam