Piero Sacerdoti,
pensiero e azione
Giorgio Sacerdoti, Piero Sacerdoti (1905-1966). Un uomo di pensiero e azione alla guida della Riunione Adriatica di Sicurtà. Lettere familiari e altre memorie, Hoepli, Milano 2019, 384 p.
Chi si reca a visitare il centro di Trieste non può fare a meno di imbattersi in un poderoso edificio eclettico in pietra bianca che si impone alla vista in piazza della Repubblica. Venne costruito all’inizio del Novecento dall’architetto Berlam, lo stesso autore della non lontana grande sinagoga della città, e fu voluto dal direttore della RAS Adolfo Frigyessy che intendeva affermare l’importanza dell’impresa di assicurazioni nella vita della città e la sua vocazione a porto naturale dell’impero Austro-Ungarico. A distanza di mezzo secolo, nella Milano del miracolo economico, il direttore della RAS Piero Sacerdoti (chiamato a quella carica nel 1949 da Arnoldo Frigessi, figlio di Adolfo) inaugurava nel 1962 il nuovo edificio di Corso Italia 23 realizzato dagli architetti Piero Portaluppi e Giò Ponti, affermando in questo modo il decisivo spostamento geografico dell’asse imprenditoriale italiana. Queste due costruzioni-simbolo possono considerarsi la cornice architettonica che ha segnato la vita personale e professionale di Piero Sacerdoti, la cui biografia è oggetto del bel libro scritto e curato dal figlio Giorgio sulla base di una corposa documentazione epistolare e di una variegata serie di altre fonti frammiste a ricordi personali e familiari. Si tratta – per ammissione dell’autore – della storia di un ebreo “fortunato”, riuscito nonostante diversi momenti di apprensione e pericolo ad attraversare i complicati decenni del fascismo e poi delle persecuzioni anti-ebraiche e della guerra costruendo una brillante carriera professionale e crescendo nel contempo una bella famiglia. Le vicende biografiche si snodano seguendo la traccia sicura delle numerose lettere che il giovane Piero invia alla famiglia dalle sue esperienze professionali che lo portano prima a Berlino e in seguito in Francia dopo il suo ingresso in RAS, dove era stato chiamato grazie ad alcuni articoli sul quotidiano economico “Il Sole” che avevano suscitato l’interesse della famiglia Frigessi. La storia che queste lettere raccontano è nel contempo particolare (per la ricchezza delle frequentazioni e degli ambienti internazionali vissuti dal giovane dirigente assicurativo) e specchio di un classico percorso di integrazione e di ascesa sociale che aveva avuto come protagoniste molte famiglie della borghesia ebraica italiana. Nel caso specifico si tratta delle famiglie Sacerdoti e Donati, trasferitesi fra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento a Milano a seguito di quel processo inesorabile di urbanizzazione che fu la prima conseguenza visibile dell’industrializzazione del paese. La vicenda professionale di Piero si snoda e viene raccontata come naturale conseguenza di questo processo. Studente di legge, si laurea con una tesi di diritto del lavoro e viene subito notato dagli ambienti ministeriali. Ma come un profeta antesignano della moderna “generazione Erasmus”, il ragazzo è attirato dalla cultura e dai viaggi. La sua è una dimensione decisamente europea e proprio sulle dinamiche di costruzione della nuova Europa si troverà a discutere negli anni del forzato esilio svizzero con personaggi del calibro di Ernesto Rossi e Altiero Spinelli. Non è però un militante politico. Non si iscrive al fascio negli anni universitari, anche se come tanti suoi connazionali è coinvolto nell’ondata di consenso al regime che caratterizzerà gli anni Trenta. Anni che tuttavia lo vedono molto all’estero, in particolare in Francia, dove verrà assegnato alla direzione della compagnia assicurativa Protectrice, controllata dalla RAS. E proprio in Francia, durante gli anni della guerra, inizia a costruire la sua famiglia sposando Ilse Klein, esule ebrea tedesca in fuga dal regime nazista. Un momento complicato, che vede l’internamento della moglie e atti di coraggio che a leggerli oggi hanno del romanzesco. Momenti difficili per tutti fra il 1940 e il 1945, ma attraversati con determinazione e non poca fortuna, come sottolinea l’autore, nato a Nizza proprio in quel periodo. Nella bella prefazione al libro, Piergaetano Marchetti sottolinea come emergano dalla lettura le qualità del manager “umanista, curioso e colto, di cui troppo spesso si rimpiange oggi la mancanza” (riferendosi in maniera neppure troppo velata alle miserie dell’imprenditore-tipo della nostra contemporaneità). La storia non finisce bene. Piero scompare improvvisamente, nel pieno della maturità, lasciando un vuoto difficile da riempire. Per i giovani figli, certamente, ma anche per l’impresa che si trova a dirigere e che in pochi anni perderà la sua centralità fino a veder cancellato il suo marchio autonomo per essere assorbita dalla tedesca Allianz. Un libro che racconta con disincanto e nel contempo con una straordinaria ricchezza di sguardi molteplici la biografia di un uomo, e nel contempo una parte non trascurabile della storia dell’imprenditoria italiana contemporanea, tratteggiata infine dalla costruzione di un nuovo edificio, la grande Torre Allianz, che si eleva oggi caratterizzando lo skyline di Milano e che sembra essere la naturale continuazione di quella storia architettonica con cui abbiamo voluto iniziare questa breve recensione.
Gadi Luzzatto Voghera, direttore Cdec