Bulli a Ferrara
A Ferrara, un ragazzino ebreo è stato bullizzato da due compagni di classe, i quali gli hanno esposto un programma sintetico ma efficace, consistente nel ripristinare l’originale scopo di Auschwitz, abolendo il cambio di destinazione che da centro di sterminio l’ha trasformato in museo, onde far finire gli ebrei nei forni, senza precisare, però, se intendessero abolire il passaggio intermedio dell’uccisione oppure se volessero bruciarci vivi. Le reazioni sono state sincere e unanimi; bisogna vedere però, se la strada imboccata sia quella giusta.
Sui giornali abbiamo letto che “colpisce anche il luogo, Ferrara, che è città di Giorgio Bassani, scrittore noto per aver raccontato la realtà del mondo ebraico perseguitato dai nazifascisti, e che è sede del Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah” (forse sarebbe opportuno soggiungere che anche Giorgio Bassani è stato, a suo tempo, bullizzato, ancorché per ragioni puramente letterarie). Si è anche annunciato che sarebbe stato chiarito ai ragazzi cosa sia stata la Shoah, anche se i due bulli – aggiungiamo noi – pur esibendo notevoli carenze morali, dal punto di vista informativo erano inappuntabili, visto che ormai erano addirittura impegnati sia sul versante propositivo che su quello escatologico.
I ragazzini, insomma, erano attrezzati come noi, atteso che ci siamo fermati a mostrare il male senza spiegare perché non vada fatto. Così, sembra che ci si arresti all’orrore, ad Edgar Allan Poe per l’America del Nord e ad Horacio Quiroga per l’America del Sud. Fuori dalla porta rimane il ricorso alla ragione che, pur démodé, potrebbe anche rivelarsi non del tutto inutile. Come altrettanto inutili, vista la scarsissima eco, sono le parole del rav Roberto Della Rocca, che ha l’imperdonabile difetto di essere un formidabile intellettuale, laddove rileva su Hatikwà (Purim e gli otto abiti del Supremo Sacerdote) , che lo scenario della Meghillà, non è purtroppo molto diverso da quello di oggi in cui nell’Italia ebraica vi sono più Musei dell’ebraismo che Scuole ebraiche.
Emanuele Calò, giurista