La confusione sul 25 aprile
Credo che molti di noi mai si sarebbero immaginati, dieci o venti anni fa, che avremmo dovuto dedicare così tanto tempo a parlare di antisemitismo. Pensavamo, a torto, che la Shoah avesse immunizzato il mondo non solo dall’antisemitismo, ma anche dal razzismo in generale. E ci si sbagliava. I tempi sono cambiati, con la stessa rapidità con cui un giorno di sole può trasformarsi in un giorno di tempesta.
Fra qualche giorno ricorrerà, come ogni anno da settantaquattro anni, la data gloriosa e gioiosa del 25 aprile. Ma, da qualche anno, la data che commemora la Liberazione dal nazifascismo si è trasformata per noi in attesa di tempesta. Un’attesa che viviamo con ansia e qualche mal di stomaco. Il suo passaggio è segnato da delusione e frustrazione, al punto che verrebbe voglia di saltarla a piè pari.
Le polemiche pretestuose sulla legittimissima presenza della bandiera della Brigata Ebraica e l’infiltrarsi ugualmente pretestuoso di sostenitori insultanti della causa palestinese distorcono il significato della giornata e delle manifestazioni. L’ANPI non riesce a garantirne lo svolgimento pacifico e corretto, nel rispetto di tutte le rappresentanze legittimamente partecipanti. L’ideologia si è impadronita della nostra Liberazione e l’ha maldestramente colonizzata. L’ANPI non riesce a fare argine.
Nella mia nota della scorsa settimana, la fretta mi ha giocato un brutto scherzo. Un’allusione velata alla manifestazione antisemita contro la Brigata Ebraica organizzata dalla sezione ‘Anpi Nizza Lingotto’ si è trasformata in una mia critica, errata, all’Anpi di Milano. Chiedo scusa all’Anpi di Milano.
È vero comunque, al di là del mio refuso, che certe sezioni dell’ANPI, e fra queste Roma e Torino spiccano per entusiasmo, non hanno alcuna remora a strumentalizzare e tradire i propri ideali originari pur di riattualizzare i loro messaggi. Anche a costo di dimenticare, ad esempio, che chi a suo tempo rappresentava gli arabi di Palestina trescava immoralmente con Hitler, nel comune spirito antisemita. Israele, al tempo, non era ancora uno stato, e il loro era dunque antisemitismo purissimo, un ideale fine a sé stesso. Il Gran Muftì di Gerusalemme, per capirci, per lo spirito libertario e antifascista che lo distingueva, e che vale ai propal il diritto a sfilare oggi accanto all’ANPI, faceva reclutare arabi musulmani nelle file delle Waffen-SS.
La confusione regna sovrana, ma in tempi di sovranismo ci può anche stare.
Sia chiaro, i propal hanno il diritto di dire e di fare ciò che reputano più efficace ai fini della loro causa. È l’ANPI che non ha il diritto di distorcere la propria storia e quella degli altri.
Dario Calimani, Università di Venezia