È Pesach

sara valentina di palmaÈ Pesach. Per fortuna quest’anno coincide con le vacanze pasquali (quelle che chi è politicamente corretto chiama vacanze primaverili) e la scuola è chiusa: possiamo risparmiarci fastidiose raccomandazioni sulle merende di metà mattina, riprendere i bambini da scuola per il pranzo e riportarli dopo un’ora quando hanno il rientro pomeridiano, nonché la perdita di giorni di scuola di Moed con poi una serie infinita di compiti da recuperare.
È Pesach. Abbiamo cantato l’Haggaddà a casa in ventitré, l’hanno ricantata i bambini del Talmud Torà al secondo seder in Comunità a Firenze condotto da loro soltanto, e ci prepariamo agli ultimi giorni di Moed.
Centinaia i messaggi dalle chat di classe, una volta riacceso il telefono Chol HaMoed: difficile selezionare con celerità coniglietti pasquali e cristi in croce (assicuro c’erano anche quelli) da comunicazioni importanti. Tra queste, non poteva mancare l’ennesima ricerca di gruppo. Le fanno ad ogni età ed in ogni materia, e parte consistente delle comunicazioni virtuali riguarda proprio la creazione di un complicato algoritmo che possa far incontrare Tizio, Caio e Sempronietto per almeno un’ora in un giorno imprecisato (ma di solito sono sempre gettonati il venerdì nel tardo pomeriggio ed il sabato, appunto). Tutto questo ovviamente prima del rientro a scuola. Chi ha sport, musica, salto dei fossi per il lungo, chi feste di varie religioni, chi un genitore separato da incontrare o una gita con gli scout…
L’algoritmo non salta fuori, i ragazzetti fingeranno di essersi incontrati ma in realtà si divideranno il lavoro, con buona pace di insegnanti rimaste alla vita di trent’anni fa in cui gran parte dei pomeriggi erano vuoti, le attività sportive e ricreative poche, e i figli nella quasi totalità dei casi abitavano con due genitori nella stessa casa che lasciavano solo per le vacanze – oggi forse ignorano che c’è addirittura chi vive due giorni qui e due là, diviso e conteso aritmeticamente in due metà esatte tra genitori anch’essi divisi.
È Pesach. Tra un ripasso dell’Haggaddà e l’altro, ci infiliamo anche i compiti per le vacanze, incluso suonare il flauto e cantare i canti del prossimo spettacolo di fine anno. Meno problematico di quello invernale, che anticipando le vacanze natalizie ha sempre da qualche parte un bambino in una mangiatoia e tanta retorica sulla bontà. Ora solo tanta retorica sulla bontà, l’amicizia, ed il rispetto dell’ambiente. Nessuno che osi qualcosa di più impegnativo, come ai miei tempi quando a scuola cantavamo ‘mettete dei fiori nei vostri cannoni’. Non parliamo poi di cogliere l’occasione e portare il 25 aprile in un canto scolastico, o perché no anche il 2 giugno, a pochi giorni di distanza dal saggio di fine anno. Politicamente troppo compromettente? Molto meglio che i bambini si facciano un’idea sul tema guardando Salvini in televisione? Per fortuna, nella mia non c’è.
È Pesach. Quest’anno è iniziata lo stesso giorno dell’insurrezione del ghetto di Varsavia, un altro cammino faticosissimo verso la libertà con pochissimi, troppo piccoli miracoli – non sufficienti a compensare quanto è accaduto, e difatti qualcuno non ha mai perdonato il Signore per questo, lottando tutta una vita alla ricerca di un altro modo di credere, come Elie Wiesel.
È Pesach. Domani ci avviamo agli ultimi giorni di moed, e leggiamo il culmine dei miracoli, con l’apertura del Yam Suf. Prima però noi leggiamo, anche quest’anno, Fulmine, un cane coraggioso. La Resistenza raccontata ai bambini (di Anna e Michele Sarfatti, Mondadori 2011) e ricordiamo di quando l’autrice e nostra amica è andata a cercare il fazzoletto del partigiano per un bambino, il quale lo indossa tutti gli anni.
È Pesach, è il 25 aprile, e la scuola per fortuna è chiusa.

Sara Valentina Di Palma