Il rabbino ferito nell’attentato a Poway
“Non retrocediamo davanti al Male”

“Il prossimo Shabbat andate tutti in sinagoga. Fate vedere che nulla ci abbatte, che nulla ci spaventa. Che l’unità e l’amore sono più forti di ogni minaccia”.
Rav Yisroel Goldstein, il rabbino di riferimento della sinagoga Chabad di Poway in California, colpita l’ultimo giorno di Pesach da un 19enne ispirato da teorie suprematiste, ha voluto lanciare un messaggio alle comunità ebraiche di tutto il mondo. E l’ha fatto attraverso il sito di informazione Chabad.org, dalla stanza d’ospedale dove è stato ricoverato dopo l’attacco: gli è stato amputato un dito e i medici sono al lavoro per salvarne un altro che è stato colpito. È invece morta quasi immediatamente la 60enne Lori Kaye, che si è frapposta tra il rav e il 19enne estremista, fermato poco dopo dalla polizia.
Dall’ospedale (e poi successivamente in una conferenza stampa) rav Goldstein è tornato a quelle ore, con una testimonianza drammatica in cui ha ricostruito gli attimi che hanno preceduto l’azione terroristica e il suo svolgimento.
“È un miracolo se sono vivo e se vi sto parlando” ha esordito il rabbino chabad. Mancano pochi istanti all’Yizkor, la preghiera in ricordo dei propri cari che sono mancati. Il rabbino e Lori Kaye si incontrano all’ingresso. “Tra quanto è l’Yizkor?” chiede la donna, che è in sinagoga per recitare una preghiera per la madre assieme alla figlia Hannah, studentessa alla UCLA a Los Angeles, venuta a Poway per l’occasione. Il rabbino risponde che manca poco, rivolge un augurio alla donna e si volta per lavarsi le mani.
È in quel preciso istante, racconta, che sente sparare i primi colpi. La donna è a terra, il terrorista gli punta l’arma contro. Spara e lo colpisce alle mani. Rav Goldstein afferra un asciugamano e corre via, raggiunto tra gli altri da Almog Peretz, un ex soldato israeliano in visita alla famiglia. Il terrorista spara e colpisce sua nipote, Noya, 8 anni, che viene ferita a una gamba e vicino a un occhio.
È il panico e tutti cercano di mettersi al riparo, ha ricostruito rav Goldstein. Solo due persone corrono nella direzione del terrorista: Oscar Stewart, esperto militare, che lo mette in fuga. E Jonathan Morales, agente di polizia, che lo blocca all’uscita della sinagoga.
Morales, svela il rabbino, ha da poco riscoperto le sue origini ebraiche e, proprio sotto il suo coordinamento, aveva iniziato a frequentare la sinagoga. “Sarebbe potuto essere un bagno di sangue” riflette il rav. Poi racconta quanto accaduto una volta avuta la certezza che il terrorista non avrebbe più potuto nuocere. Pur ferito e sotto shock, è salito sopra una sedia e si è rivolto a tutti i presenti con queste parole, ispirate agli insegnamenti del Rebbe: “Davanti al buio e al male, non bisogna retrocedere ma raddoppiare i nostri sforzi”. Un concetto ribadito anche nel video-messaggio diffuso in queste ore.

(29 aprile 2019)