“Brigata Ebraica e Gran Muftì,
due scelte di segno opposto”
Le ennesime ignobili contestazioni alla Brigata Ebraica hanno confermato che il tema resta di lacerante attualità. E che la confusione, sulla Resistenza e sulla guerra di Liberazione, sugli schieramenti che vi presero parte, con pulsioni di segno opposto a confronto, resta tanta.
Per fare chiarezza la Fondazione Museo della Shoah di Roma, in collaborazione con la Comunità ebraica e con il Centro di Cultura Ebraica, ha organizzato ieri uno partecipato incontro dal titolo “Ebrei e arabi musulmani nell’età dei totalitarismi. La Brigata Ebraica e il Gran Muftì di Gerusalemme”.
A prendere la parola, moderati dal professor Alessandro Volterra, l’assessore alla Cultura UCEI David Meghnagi, che è anche direttore del Master di II livello in Didattica della Shoah dell’Università Roma Tre, intervenuto su “La Brigata ebraica. Come nacque e si formò. Il suo ruolo sul fronte gotico e nel dopoguerra”, e la studiosa Giordana Terracina, anche lei coinvolta nelle attività del master, che ha parlato invece di “Il Gran Muftì di Gerusalemme e il regime fascista”.
Da una parte gli eroici volontari della Brigata Ebraica, che accorsero in migliaia dall’allora Palestina mandataria (il futuro Stato di Israele) per liberare l’Italia e l’Europa. Dall’altra il Gran Muftì di Gerusalemme, che si schierò invece al fianco di Hitler e Mussolini. Verità storiche incontestabili, provate ieri da nuovi elementi documentali ma che sempre più spesso sono ostaggio di mistificazioni e strumentalizzazioni che finiscono per inquinare il 25 Aprile.
Dopo un’accurata esposizione di Terracina, il professor Meghnagi ha preso la parola ricordando l’importante contributo ebraico alla lotta al nazifascismo, sia attraverso chi prese parte all’esperienza partigiana e sia chi invece indossò le divise degli eserciti liberatori.
“Un milione e mezzo di ebrei lottò contro questi regimi” ha sottolineato Meghnagi, con una esposizione orientata a smentire anche il falso e dannoso mito dell’ebreo vittima passiva degli eventi magistralmente evocato anche da Bernard Henri-Levy nel suo intervento romano in occasione del 25 Aprile. Come ricordato da Meghnagi, il Gran Muftì fu particolarmente abile nel mimetizzare, almeno in un primo momento, le sue mire di annientamento e distruzione di una presenza ebraica. “La sua – ha osservato – fu invece una personalità spietata e criminale”. Una linea di odio ereditata oggi dai terroristi di Hamas, nel segno di una continuità che non può essere ignorata.
“È importante studiare la storia in modo oggettivo, documenti alla mano. Una cosa non sempre facile in Italia. E specie in questa triste epoca di revisionismi e negazionismi che si stanno imponendo nella coscienza collettiva” aveva affermato Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, nel suo indirizzo di saluto. “C’è un gran bisogno di sapere, conoscere, approfondire. È allucinante – l’allarme di Paolo Masini, vicepresidente della Fondazione Museo della Shoah – che ancora oggi ci sia una discussione aperta sul fatto se la Brigata Ebraica debba o meno partecipare al 25 Aprile”.
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(30 aprile 2019)