Libertà di criticare nel merito
Al Torino Jazz Festival vi è una polemica sulla partecipazione del musicista Gilad Atzmon il 2 Maggio 2019, sulla quale vi è stata una replica del Comune, da parte della consigliera Valentina Sganga e del Presidente della Commissione Cultura Massimo Giovara: «Provare a innescare polemiche attorno al Torino Jazz Festival a fine elettorali come sta cercando di fare la Lega è inaccettabile. Al di là dei giudizi sui comportamenti dello Stato di Israele sulla popolazione palestinese, pretendere che un artista non abbia una posizione e un’idea su quanto avviene nella sua terra d’origine è sciocco e illiberale – affermano i 5 Stelle -. Atzmon verrà a Torino per suonare, ma ci preme evidenziare che non si può continuare a sovrapporre la critica al sionismo con l’antisemitismo. (…) Impegniamoci tutti per sconfiggere l’antisemitismo e difendere i diritti umani delle popolazioni oppresse anziché perderci in polemiche inutili».
La storia ci propone diversi esempi di polemiche sulla partecipazione di artisti per via delle loro connotazioni anche politiche. Per quanto ci riguarda, siamo sia per la più assoluta libertà di espressione sia per la più ampia possibilità per qualsiasi artista di esibirsi senza subire censure, se non per aperte violazioni di legge nel corso dello spettacolo.
Poiché chiarezza ci vuole, ferma restando l’anzidetta libertà d’espressione (art. 11 Carta dei diritti fondamentali UE: “1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. 2. La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati”), poiché le autorevoli voci sopra riportate, che hanno il nostro massimo rispetto e considerazione, sono entrate nel merito della questione, domanderei loro se siffatte opinioni siano basate sulla lettura di un libro di Atzmon (The wandering who?) che si trova anche sul web. Il punto è che il web è stracolmo di informazioni da e su Atzmon, compreso un video di una sua intervista con Robert Faurisson ed una dichiarazione da parte di intellettuali palestinesi e non ci sembra che siano note. Se così fosse, la polemica sarebbe di difficile se non impossibile comprensione.
La stessa libertà che rivendichiamo per Atzmon dovrebbe valere anche per chi commenta la vicenda. In questo senso, il Festival presenta costui in questo modo: “Musicista, scrittore, critico e blogger, Gilad Atzmon, è una sfaccettata personalità musicale britannica (…)”. Ne consegue che non è presentato soltanto come artista bensì anche come “scrittore, critico e blogger”; di quattro qualifiche, una attiene alla musica, le altre tre al suo pensiero che, beninteso e per quanto ci riguarda, è liberissimo di esporre. Ciò che continuiamo a domandarci è se coloro che intervengono in questa polemica sul pensiero di Atzmon, lo facciano perché ne sono a conoscenza. Da quanto abbiamo letto, non ne siamo certi; saremmo lieti di apprendere che ci stiamo sbagliando, nel qual caso abbiamo bell’e pronta una rubrica di chiarimento. Ma non ci illudiamo.
Emanuele Calò, giurista