Le maschere strappate
Qualche ora prima delle elezioni spagnole il responsabile degli affari esteri del Likud, Eli Hazan, augura su Twitter “a nome del Likud, un buon risultato a Vox e al suo leader Santi Abascal”. Poco dopo, criticato sia dalla comunità ebraica spagnola che all’interno del suo stesso partito, Hazan cancella il tweet, sostenendo che si trattava soltanto di opinioni personali.
Probabilmente una parte dell’attuale destra israeliana non ha ben chiara l’ideologia dei partiti sovranisti europei. Un reportage della Stampa la settimana scorsa citava per esempio le parole di un dirigente valenzano di Vox convinto che “cinque ebrei decidano cosa succede nel mondo”. Non credo che Abascal, come altri leader sovranisti del calibro di Orban o Le Pen, siano così stolti da esprimere in pubblico idee analoghe. Difficilmente però cercheranno di arginare questa mentalità così comune all’interno dei propri partiti, perché la loro narrazione di un’Europa bianca cristiana, libera da “magnati della finanza” e non più imbarazzata dei regimi del scorso secolo, non è mai immune dall’antisemitismo. Beda Magyar in un lungo reportage sull’Ungheria, pubblicato sul Die Zeit, scrive che “la campagna di Orban contro Soros non ha mai affermato nulla di esplicitamente antisemita, ma nel contesto culturale dell’Ungheria il messaggio di fondo era chiarissimo” continuando che “sebbene Fidesz osservi una politica di “tolleranza zero” nei confronti dell’antisemitismo, nel paese le manifestazioni di questa piaga sono triplicate dal 2002”. Negli ultimi anni in Ungheria è stata più volte ricelebrata la figura di Miklos Horty, l’ammiraglio che aveva governato dal 1920 e 1944, responsabile della consegna ai nazisti di centinaia di migliaia di ebrei, e definito invece da Orban “un grande statista”. Quando vengono riportati questi fatti, spesso la risposta pronta è che i sovranisti sono “amici” di Israele. L’idea di uno stato lontano che, secondo i sovranisti, “combatte” sul campo il mondo arabo-islamico forse ad alcuni di loro piace, ma la presenza di una componente minoritaria nei propri paesi sicuramente molto meno.
Gli ultimi attentati in Occidente, come quello di San Diego, dimostrano che il “suprematismo bianco” non è poi meno pericoloso del jihadismo. Ogni movimento di qualunque collocazione politica che propaganda o alimenta l’odio ponendo alcuni cittadini al di sopra di tutti demonizzandone altri ha in sé il germe della violenza e della divisione.
Le parole di Reuven Rivlin in occasione dello Yom haShoà non lasciano dubbi e vale la pena riportarle: “Le forze politiche dove l’antisemitismo e il razzismo sono parte del loro linguaggio, la loro eredità o la loro ideologia non potranno mai essere nostri alleati”. E ancora: “Nessun interesse e nessuna considerazione della realpolitik può giustificare un’alleanza disonorevole con gruppi razzisti o elementi che non riconoscono il loro passato e la loro responsabilità per i crimini della Shoah”.
“Non esiste una cosa come amare Israele e odiare gli ebrei, così come non esiste una cosa come amare gli ebrei e odiare Israele. Il gioco è finito. Le maschere sono state strappate”.
Francesco Moises Bassano