Il caso Zolli

emanuele calòIsrael Zoller (1881-1956, indi, Italo Zolli e, infine, Eugenio Maria Zolli) è stato Rabbino Capo di Roma negli anni dell’occupazione tedesca. Come noto, si convertì al cattolicesimo, dopo aver avuto rapporti travagliati nello svolgimento del suo Rabbinato, dal quale fu allontanato, essendogli stata offerta, al posto della precedente, la carica di Direttore del Collegio Rabbinico. Nel 1938, mentre era Rabbino Capo di Trieste, aveva scritto “Il Nazareno” (ultima edizione, Milano, 2009), un’opera che sembrerebbe, quanto meno agli occhi di un profano come me, d’ispirazione cristiana. Nei ricordi di taluni, quando lasciò Trieste per Roma, lo si considerava più cristiano che ebreo; ricordi non probanti, forse sprovvisti di significato. Sta di fatto che in un’intervista concessa dopo la sua conversione a Maariv, lui stesso tira in ballo “Il Nazareno” quale approccio verso il cristianesimo; è strano che chi lo chiamò a Roma non ne tenesse conto oppure che, se l’avesse fatto, non ne restino tracce.
L’apprezzabile biografia di Gabriele Rigano (Il caso Zolli, Guerini studio, Milano, 2006) rappresenta non soltanto l’approdo di una ricerca equilibrata, ma è soprattutto un affresco prezioso per capire l’ebraismo attuale, non perché la storia si ripeta bensì perché la storia continua, con notevoli differenze, afferenti all’abbigliamento e all’informatica. Vi è anche una biografia di Judith Cabaud, il cui titolo, come si suol dire, è già tutto un programma (Il rabbino che si arrese a Cristo, San Paolo, Milano, 2012).La Cabaud scrive che “il flusso sempre crescente degli immigranti ebrei provenienti dall’Est, soprattutto dalla Galizia, aveva contribuito a destabilizzare l’Impero”; affermazione inquietante e tutta da dimostrare, visto che gli ebrei, come i drusi, si distinguono per patriottismo e integrazione.
Nel Kippur del 1944, Zolli vide nel Tempio maggiore “con gli occhi della mente un prato che si estendeva verso l’alto, luccicante d’erba ma senza fiori. In questo quadro vidi Gesù Cristo vestito d’un mantello bianco (…) Nel mio cuore trovai le parole ‘Sei qui per l’ultima volta’ (Riganò, cit., p. 286 ss.) mentre Cabaud riferisce ”Sei qui per l’ultima volta. D’ora in poi seguirai me!” (cit., p.87) per la quale Cabaud, Gesù sarebbe apparso sia alla moglie Emma che alla figlia Miriam (cit., p. 88) mentre Riganò riferisce che la figlia maggiore Dora “diede un giudizio molto duro sul comportamento del padre” (cit., p. 325 n).
Ora, le apparizioni post-ascensionali di Gesù sembrerebbero meno numerose di quelle di Maria; ma questo è un argomento che lasciamo a coloro i quali possono trattare la delicata questione in modo più appropriato. Ciò che potrebbe aprire qualche interessante approfondimento teologico in ambito cristiano dovrebbe afferire alla dichiarazione di Zolli che può soltanto essere intesa come volontà celeste di allontanarlo dal Tempio. Nel Vangelo secondo Giovanni si legge: “[14] Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. [15] Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, [16] e ai venditori di colombe disse: ‘Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato’ “. Questa azione di Gesù, così nota e diffusa anche fra i non osservanti e fra i non cristiani, implica un suo notevolissimo attaccamento al Tempio, lo stesso dal quale, secondo Zolli, egli se ne sarebbe dovuto distaccare, come in effetti fece: come conciliare il Vangelo e la sua visione? Zolli, nel difficile passaggio, che a suo avviso non sarebbe stato tale, fornisce una testimonianza che, se agevola lui, finisce per porre la predetta questione teologica, forse priva di soluzione. A ciò si aggiunga il suo vivo disappunto per l’impossibilità di continuare ad essere Rabbino Capo, di ardua compatibilità con il successivo battesimo. Un groviglio che lascia in eredità ai teologi che vorranno trarne qualche insegnamento, dimostrando così il coraggio di chi affronta imprese forse superiori alle forze umane, senza l’aiuto, poi, dell’ispirazione che potrebbe essere stata fornita dal soffitto del Tempio, notoriamente ispirato allo stile assiro – babilonese, anch’esso un poco complicato.

Emanuele Calò, giurista

(7 maggio 2019)