L’archivio familiare
di Isa Corinaldi
È un grande tributo di affetto e insieme un’opera di profondo valore culturale la pubblicazione voluta e realizzata da Claudia De Benedetti, dopo un lavoro assiduo durato cinque anni, per i tipi di Salomone Belforte (Non fuorvierà. Una storia di famiglia, a cura di Claudia De Benedetti, Livorno 2019). Col prezioso contributo scientifico di Gadi Luzzatto Voghera per la contestualizzazione storica e di Chiara Pilocane per la prospettiva archivistica, l’autrice è riuscita mirabilmente a dare voce e sostanza alle carte del ricchissimo archivio di famiglia trasmesso per generazioni dal ramo materno della sua famiglia. I documenti – raccolti sotto il motto nobiliare dei Conti Corinaldi – parlano, raccontano, evocano. Ed ecco che le vicende e i personaggi di tre grandi nuclei familiari – i Treves de Bonfili, i Corinaldi, i Wollemborg – accompagnate dai percorsi dei Todros, dei Rignano, degli Jung, dei Pavia che si intrecciano con essi, si stagliano davanti a noi sullo sfondo di Venezia prima e di Padova poi, il grande scenario della vita e delle opere di donne e uomini straordinariamente industriosi. Nascite, matrimoni, accordi commerciali di vasta portata, acquisizioni e vendite, trasferimenti si succedono dalla fine del Settecento agli anni Trenta del Novecento, concentrandosi nel XIX secolo e concludendosi volutamente alla vigilia della Shoah, che ha segnato una cesura drastica per l’ebraismo e ha chiuso irrimediabilmente un ciclo. Nella prima parte, Una storia di famiglia, Claudia De Benedetti delinea con amore il percorso familiare dei suoi avi, che assumono una fisionomia concreta e insieme uno spessore storico. Emerge così la forza trainante dei Treves de Bonfili, grande dinastia che costituì un punto di riferimento per gli orizzonti economici della Serenissima e poi per la città di Padova, arrivando a cogliere l’inevitabile declino dell’asfittico commercio mediterraneo e a fondare nuove imprese in collegamento con Londra e poi con il nord e l’est europeo. Una solida capacità di valutare le situazioni concrete che spinse la famiglia, di fronte al profilarsi di una crisi degli scambi, ad abbandonare il rischioso settore mercantile per concentrarsi sull’acquisto e l’amministrazione di terre. Grandi patrimoni, grande avvedutezza, condivise dai Corinaldi e dai Wollemborg, che secondo una lungimirante politica matrimoniale si uniscono al nucleo Treves de Bonfili. La forza economica, la posizione di rilievo certo erano importanti per questi vertici della società ebraica nell’età dell’emancipazione; ma l’economia non era tutto. Dietro la solidità del patrimonio emergevano i valori del vincolo familiare, la rete forte degli affetti che sostanziava il legame di parentela, corroborando con legami umani le tribù di figli e di cugini. Questo universo di rapporti era anche la traduzione in termini familiari di un vincolo stretto – per quanto spesso lontano dalla tradizione – con l’ebraismo. Potremmo pensare, in un’epoca di apparente o reale assimilazione post-emancipatoria, a un tendenziale distacco dell’alta società ebraica dalla religione dei padri. Invece la catena dell’ebraismo non si spezza: non un matrimonio misto è registrato nell’archivio di Casa Corinaldi; e a spiegare questo attaccamento di fondo alla ebraicità della famiglia non basta il proposito economico di non disperdere il patrimonio, che pure orientava la tendenza endogamica nelle scelte matrimoniali dei genitori.
Gadi Luzzatto Voghera analizza il contesto storico-sociale di questo grande affresco familiare; fornisce quindi una illuminante lettura storica della situazione veneta e in particolare della realtà di Padova nei non facili passaggi che vanno dal crollo della Serenissima all’epoca rivoluzionaria, alla prima dominazione austriaca dopo Campoformio, alla nuova fase bonapartista, al ritorno degli Austriaci con la Restaurazione, all’ingresso nell’Italia unita nel 1866. Al centro del suo esame pone l’alta borghesia ebraica (l’aristocrazia nel caso dei Baroni Treves de Bonfili e dei Conti Corinaldi) di fronte al processo di emancipazione. Ebbene, davanti al mutato quadro istituzionale dell’ebraismo e alle trasformazioni sociali in corso, l’élite ebraica non mostra profondi cambiamenti di atteggiamento ideologico o politico: mantiene il suo orientamento favorevole alla Destra, liberale e liberista, fortemente moderato, eppure aperto alle innovazioni e al miglioramento sociale delle classi meno abbienti; poco disposto ad avventure, ma propenso a sviluppi positivi e positivisti. E così, nella loro prudente e illuminata concretezza, gente come i Treves de Bonfili e i Corinaldi, con le loro posizioni pubbliche e il loro ebraismo laico mai sbandierato, continuano a interpretare il ruolo (indispensabile in una fase di difficile transizione) di “classe dirigente di riserva”.
Con rigore scientifico da archivista Chiara Pilocane (Direttrice dell’Archivio Ebraico Terracini di Torino) passa al vaglio l’insieme dei documenti, prima di presentare le schede dedicate ai singoli componenti delle varie famiglie. Lo sguardo professionale le permette di valutare al meglio le caratteristiche della raccolta, limitando il campo di indagine e ponendo l’accento su aspetti meno visibili. Soprattutto, un archivio non può a suo giudizio trasformarsi in altro, assolvendo alla funzione di documento storico generico fuori dal suo contesto.
Molte immagini corredano il volume: sono foto affascinanti, relative a momenti festivi pubblici o privati; oppure ritratti individuali che assieme ai volti e ai bei vestiti catturano le psicologie; sono espressioni di un mondo e di stili di vita che ci coinvolgono. Occorrerebbe uno studio apposito per analizzarne il carattere e il significato profondo.
Spesso dipingiamo l’ebraismo tra i due secoli – e particolarmente i ceti elevati che appaiono più lontani dall’osservanza – come una realtà esangue e in declino, avviata verso la totale perdita di identità. Dobbiamo ricrederci. Gli antenati di Claudia, che ci guardano belli e alteri nei loro abiti eleganti, sono ebrei orgogliosi, fieri della loro appartenenza. Un’appartenenza non dichiarata ma salda, che è stata elemento di transizione importante nella fase difficile dell’emancipazione.
David Sorani
(7 maggio 2019)