Resistenza consapevole
Il dibattito su fascismo sì, fascismo no sta diventando uno dei nostri passatempi preferiti. Anche un piccolo incubo, a dire il vero, e per qualcuno una sincera preoccupazione. Qualcun altro, invece, è felice perché, con il clima che si respira, il comunismo, almeno, lo si tiene a distanza. E si tiene a distanza anche lo spettro del terrorismo islamista e, magari, anche l’islamismo tout court.
Chi sostiene che prestare troppa attenzione al ‘fascismo’ rinascente gli offre una visibilità che non merita ha certamente una sua dose di ragione. Ma si può anche temere che non sottolineare ora certe manifestazioni di pre-fascismo potrà risultare, in futuro, una colpevole sottovalutazione di un fenomeno che sta effettivamente cercando con tutti i mezzi di risollevare la testa.
Preoccupante, soprattutto, è che a motivare questi timori non sia solo il ricomparire tracotante di Casa Pound e altri movimenti dichiaratamente fascisti, ma anche il comportamento arrogante e sfottente di una carica dello stato. I passi sono piccoli, ma sono molti, troppi, e vanno tutti nella stessa direzione. Sia che si tratti di uno striscione anti-Salvini strappato dalla finestra di una casa privata sia che si tratti di un cellulare strappato alle mani di una persona che sta registrando nella pubblica via. Quando un politico in campagna elettorale (solo incidentalmente ministro della Repubblica) può ordinare alla polizia di stato di conculcare il diritto di libera espressione del pensiero a un semplice cittadino, vi è motivo di preoccuparsi per la democrazia.
È lecito chiedersi se d’ora in poi si debba temere di essere imputati per aver registrato un evento politico pubblico o per aver esposto un drappo di avversione (non offensiva) a una certa politica.
Conculcare i diritti di pensiero e di espressione del pensiero è il primo passo verso la dittatura. Prevaricazione, prepotenza, arbitrarietà nella gestione dell’ordine pubblico, autoritarismo a difesa del potere e della sua arbitraria gestione, sono tutte cose che non vorremmo vedere, per poter avere ancora la consapevolezza di vivere in un paese che ha a cuore i diritti e la libertà dei suoi cittadini.
Se poi i piccoli atti di illiberalità li si collega con il clima di odio che si sta diffondendo ad arte nel paese a fini elettorali, il motivo di preoccuparsi può risultare anche più comprensibile. I nemici sono gli immigrati, sono i rom e i sinti, sono gli islamici, e magari Soros, lo speculatore ebreo. Far credere che l’Italia è accerchiata da tanti inesistenti nemici distrae dai suoi veri problemi – l’economia disastrata, la corruzione pervasiva, le mafie che succhiano il sangue al paese, le connivenze fra mafia e politica, e il fascismo che ritorna a beneficio di pochi potenziali dittatorucoli.
Dopo la chiusura delle prime ventitré pagine italiane di Facebook per diffusione di fake news a fini elettorali (a favore di Lega e Cinque Stelle) e dopo la dimostrazione del collegamento fra molte di queste pagine, si evidenzia senza ombra di dubbio che esiste una strategia per influenzare in una certa direzione, non certo democratica, le opinioni dell’elettorato. Milioni di contatti ingenui e influenzabili, di semplici cittadini che sono però disposti a credere a qualsiasi cosa fruiscono di notizie false e calunniose e di video falsi e artefatti passati per veri. Una oligarchia di incompetenti sta manipolando criminalmente le sorti delle persone e del paese.
L’operazione ‘influenza’ è cominciata da tempo ed è ben attiva. Contagiosa come non mai. Così si distrugge la credibilità di singoli individui e si fomenta l’odio che divide il paese, anziché unirlo nello sforzo verso la ripresa economica e morale.
Essere consapevoli di quanto sta accadendo costituirebbe già una prima civile resistenza a questa strategia di espropriazione della libertà.
Dario Calimani, Università di Venezia