L’importanza di donare
Nel contesto di varie norme relative alle ricorrenze festive – moadim – e in modo specifico a conclusione dell’argomento relativo alla festa di Shavuot che, nell’interpretazione rabbinica, commemora il Mattan Torà – il dono della Torà al popolo d’Israele, troviamo nel Libro del Levitico (Vaikrà 23,22) il precetto riguardante il dovere di lasciare per i poveri un angolo del campo e le spighe cadute durante la mietitura. Diversi commenti sottolineano in vario modo il valore educativo di questo precetto, anche al di là dell’effettivo beneficio che ne potevano trarre i destinatari. Meshekh Chokhmà (R. Meir Sinchà Ha Cohen) spiega che la relazione tra questi precetti e la memoria del Mattan Torà consiste nel fatto che la Rivelazione della Parola divina veniva ad impegnare il popolo ebraico non solo per quanto riguarda i precetti specifici, ma anche sui criteri fondamentali dell’etica, come la compassione verso il povero e lo straniero, “dal momento che, nell’assenza della fede in D.O, la mente dell’uomo può trasformarsi in una bestia feroce che non prova pietà neppure per il padre”.
Nechamà Lewibowitz – nei suoi approfondimenti sulle Parashot – chiarisce il senso più ampio di questa affermazione, evidenziando come l’autore non si limiti a richiamare la necessità del legame tra il senso morale e la fede, bensì sostenga il concetto che l’uomo, privo del riferimento della fede, possa degradarsi fino ad utilizzare le proprie migliori facoltà intellettive per realizzare i progetti più spietati ed orrendi, al pari di una bestia feroce. La studiosa evoca anche un aspetto quasi tragicamente profetico di questo commento di R. Meir Sinchà Ha Cohen il quale – ricorda Nechama Leibowitz – “essendo venuto a mancare negli anni ’20 (del secolo scorso) non vide ciò che ha visto la nostra generazione”. Anche R. Shimshon Refael Hirsch si sofferma sul valore morale di questo precetto “Nel momento in cui l’uomo, nel raccogliere i prodotti del campo, pronuncia le parole – “(questo) è mio” – immediatamente viene reso consapevole dei doveri che ha verso il prossimo; nella società che il Signore auspica, l’attenzione per il povero non è affidata ai sentimenti di compassione verso la loro situazione miserevole, è invece un diritto che D.O riconosce loro e un dovere che Egli impone a chi possiede dei beni”.
La sintesi inscindibile tra il valore religioso e quello morale di questi precetti è chiaramente espressa nel commento di Rashì che riporta a questo proposito l’insegnamento dei Maestri: “Insegna Rabbì Avdimè ben Rabbì Yosef: Perché mai il testo della Torà ci insegna questo precetto nell’ambito degli argomenti che riguardano le tre Feste di Pellegrinaggio (al Santuario di Gerusalemme) , Rosh Hashanà e Yom Kippur? Per insegnarti che chiunque dona come si deve al povero le spighe e l’angolo del campo, è considerato come se avesse ricostruito il Santuario e avesse recato le offerte sull’altare”.
Giuseppe Momigliano, rabbino capo di Genova
(15 maggio 2019)