Eurovision, una grande festa per Israele
Circa 200 milioni di persone in tutto il mondo si sono sintonizzate per guardare l’Eurovision di Tel Aviv. Un’occasione per Israele di raccontarsi a livello internazionale e per vivere una festa che ha portato decine di cantanti sul palco del Tel Aviv’s Expo Center. A vincere la competizione canora, Duncan Laurence dei Paesi Bassi. “Questo vuol dire sognare in grande, questo vuol dire la musica prima di tutto, sempre, grazie!”, le parole di Laurence dopo aver ricevuto il premio dall’israeliana Netta Barzilai, vincitrice della rassegna lo scorso anno con il suo Toy. Secondo classificato l’italiano Mahmood con la sua soldi: “Non mi sarei mai aspettato di raggiungere il secondo posto, ringrazio tutta l’Italia, tutta l’Europa per avermi sostenuto”, le sue parole su Instagram.
“Benvenuti al gran finale dell’Eurovision Song Contest 2019”, ha proclamato Barzilai in apertura di serata. Uno spettacolo che ha riunito un variopinto mix di artisti israeliani; dalla vincitrice dell’Eurovision del 1998, Dana International, tornata con un mashup musicale che includeva sia “Tel Aviv” di Omer Adam che la sua canzone Diva, alla cantante Ilanit che ha eseguito “Ey Sham”, la canzone che ha cantato la prima volta che Israele ha partecipato all’Eurovision nel 1973.
Nel 1978 a vincere a Parigi era stato Izhar Cohen, israeliano di origini yemenite, che in Francia. Cohen si presentò con una canzone un po’ alternativa: A-Ba-Ni-Bi. Il brano utilizzava il “linguaggio Bet”, un gioco linguistico per bambini dove ogni sillaba di una parola è ripetuta con l’aggiunta delle sillabe “ba”, “be”, “bi”, “bo” e “bu”. La versione in ebraico dell’alfabeto farfallino. “Eravamo un paese molto piccolo, che voleva mostrare al mondo intero qualcosa oltre alle guerre e all’essere i migliori combattenti e soldati. Volevamo mostrare la nostra cultura”, ha dichiarato in una recente intervista Cohen, che allora divenne una vera e propria popstar. “Tutti sapevano che Israele è hava nagila hava. Io ho portato un cambiamento nel modo in cui ci guardavano, perché improvvisamente Israele era a-ba-ni-bi-o-bo-he-be-v, erano giovani, belli, attivi, che portavano cose nuove al mondo, ed è stato come un punto di svolta”. E un altro punto di svolta per Israele arrivò 20 anni dopo quando a salire sul palco fu la citat Dana International, anche lei di origine yemenita. La sua canzone, Diva, conquistò la giuria e Dana diventò la prima transgender a vincere l’Eurovision, diventando un’icona del movimento LGBT israeliano e internazionale. E a raccoglierne l’eredità – avendo cantato al Pride subito dopo la vittoria all’Eurovision – dopo altri 20 anni, Netta Barzilai. Il suo successo è stato celebrato da migliaia di israeliani in festa e la sua canzone – Toy – ha continuato a dominare a lungo le radio del paese. E il suo successo ha permesso a Israele di mettersi nuovamente in vetrina, con una rassegna di successo.