Morid ha tal, che fai scendere la rugiada
“Benedetto sii tu, o Signore, che fai scendere la rugiada”: ripetiamo tre volte al giorno questa benedizione all’inizio dell’‘Amidà, ma soltanto da Pesach a Shemini ‘Atzeret.
Per noi Ebrei settentrionali, la rugiada è soltanto un fenomeno curioso ed esteticamente gradevole: osservare un bel prato rorido di goccioline argentee è piacevole. Il piacere diminuisce se dobbiamo attraversare a piedi il prato o se abbiamo l’imprudenza di sedercisi sopra. Alle nostre latitudini (e più a nord) dove si trova un’importante frazione del Popolo Ebraico, il nostro rapporto con la rugiada finisce qui: una poetica benedizione al Signore e qualche attenzione in caso di scampagnate mattiniere.
Ma perché recitiamo questa benedizione? I nostri Maestri non l’hanno inserita nella Tefillà per motivi poetici, ma perché la rugiada in Terra d’Israele è un dono del Signore veramente prezioso.
Occorre ricordare che nell’aria non ci sono soltanto i noti componenti gassosi, azoto, ossigeno e anidride carbonica, ma anche un’importante dose di acqua sotto forma di vapore. La quantità massima di vapore che può essere contenuta nell’atmosfera varia a seconda della temperatura: più questa è elevata, maggiore è la quantità di vapore acqueo che può essere disciolto in un metro cubo di atmosfera. Se prendiamo l’odierna temperatura di Beer Sheva, il servizio Metereologico di Israele ci informa che varia, nella giornata, da 20° C a 37° C. Questo significa che 1 metro cubo di aria può contenere da 17 a 45 ml (= cc, cioè centimetri cubi) di acqua vaporizzata. Quando cala la notte e la temperatura scende verso il valore inferiore e il contenuto di vapore presente nell’ aria durante le ore calde eccede gradualmente la capacità dell’ aria di sciogliere il vapore acqueo. E allora cosa succede? Il vapore presente nell’aria condensa, cioè l’acqua (ri)diventa liquida ed essendo più pesante dell’aria precipita sotto forma di goccioline cioè, appunto, rugiada. Nel caso odierno la differenza di capacità di soluzione del vapore acqueo passa così da 45 ml per ogni m3 di aria a 17 ml per ogni metro cubo con una differenza di 28 ml per metro cubo che precipitano al suolo sotto forma di acqua cioè 2,8 mm di acqua su ogni metro quadro del territorio. Ma il calcolo è approssimato per difetto, perché sopra ogni metro quadrato di terreno non c’è soltanto 1 metro cubo di aria, ma svariati metri cubi nei quali il fenomeno si ripete (oltre un certo livello di svariati metri il fenomeno potrebbe attenuarsi, pur restando rilevante), con una precipitazione che diviene decisamente importante, alimentando le assetate piante del deserto. In concreto, oggi, non c’è nell’aria tutta l’acqua di cui abbiamo parlato fin adesso: l’umidità relativa dell’aria è il 50%, cioè c’è soltanto la metà dell’acqua indicata nell’esempio, ma ciò è dovuto, spiega l’Ufficio Metereologico di Israele, alle condizioni di sharav (vento caldo che soffia dal deserto arabico) prevalenti in questi giorni a Beer Sheva, ma nei prossimi giorni è previsto un ritorno dell’ umidità con una precipitazione più vicina a quella dell’ esempio. Sono quantitativi ridotti di precipitazione, ma, ripetuti quotidianamente, diventano importanti e permettono alle piante del deserto di sopravvivere e anche di prosperare in un ambiente che appare inospitale e inadatto alla crescita delle piante che però testardamente si sviluppano e crescono a dispetto di ogni avversità ambientale. I nostri antenati avevano capito il fenomeno ed i Maestri hanno introdotto la benedizione per ringraziare Chi questo meccanismo ha inventato.
Roberto Jona, agronomo