Liberi dai beni materiali

ravmomi“Dichiarerete sacro il cinquantesimo anno e proclamerete libertà nel paese, per tutti i suoi abitanti, per voi sarà un giubileo (yovel), ritornerete ciascuno al proprio possesso fondiario e (tutti) ritorneranno alla propria famiglia” (Levitico 25,10). La proclamazione di libertà cui il testo fa riferimento, come spiega Rashì, è evidentemente rivolta alla liberazione degli schiavi, anche quelli che avevano rinunciato alla libertà, che la Torà stabilisce per loro a conclusione dei sei anni di servizio, (Esodo 21, 1-6), tornavano comunque definitivamente nella piena autonomia in occasione dell’anno del yovel, che ricorreva al termine di un percorso di quarantanove anni. Il testo della Torà ci parla tuttavia, nell’espressione letterale, della libertà che è rivolta “a tutti gli abitanti “del paese; nella miscellanea di spiegazioni “Itturè Torà” si fa notare a questo proposito che “in un paese nel quale non tutti sono liberi, nel quale anche solo una piccola minoranza è priva libertà, si può dire che tutti gli abitanti, in una certa misura, sono da considerare sottomessi. La libertà si percepisce nel senso più completo solo quando tutti ne possono godere, la condizione di sottomissione, di servitù, è come una piaga che colpisce il servo ed il padrone ad un tempo. Per questo la Torà ci dice che la liberazione riguarda direttamente gli schiavi ma è di fatto rivolta a tutti gli abitanti”.
Il contesto di questo brano della Torà (Parashà Behar Sinai), con precetti quali la remissione dei debiti e la sospensione del diritto di proprietà sui prodotti della terra, stabiliti per il settimo anno (shemità), ci ricorda tuttavia che la libertà che intende la Torà non si riferisce solo a quella che fisicamente redime il servo dalla sottomissione ad un padrone, ma anche alla ritrovata più intima libertà che deve riscattare, almeno periodicamente, ogni persona dalla dipendenza esclusiva e spasmodica al possesso dei beni materiali, particolarmente quando tale ricerca, fagocitando e assorbendo tutte le nostre attenzioni, ci preclude dal dedicarci anche a più nobili obiettivi, quali quelli che ci indica la Torà stessa, sul piano spirituale e morale.

Giuseppe Momigliano, rabbino