In ascolto – Dan Hashomer
Tra qualche giorno sarà il “compleanno” di Max Brod, nato a Praga il 27 maggio 1884. Scrittore, giornalista, drammaturgo, promotore di cultura nella Praga multiculturale di inizio ‘900, biografo e curatore delle opere del carissimo amico Franz Kafka e studioso interessato alle trasformazioni della società ebraica. “È compito del sionismo dare un nuovo significato alla parola nazione”, scriveva nel 1918 sul settimanale Selbstwehr. Le letture e gli incontri nella bella villa dei Bergmann a Podbaba, nel verde della valle di Šárka, lo spingono ad approfondire il tema del sionismo e comincia a frequentare il Caffè Savoy, importante luogo di dibattito. Qui conosce l’attore Yitzhak Löwy, che gli racconta della vita ebraica in Polonia, della tradizione e degli shtetl e gli legge poesie in yiddish. Lo scrittore è colpito dalla sua vitalità e dal modo di parlare e arriva addirittura a sostenere che, per poter imparare qualcosa sull’essenza dell’ebraismo, siano più utili gli spettacoli di quella piccola compagnia teatrale, rispetto a qualsivoglia argomentazione filosofica su chi siano o non siano gli ebrei. Nel 1939 lascia l’Europa per immigrare in Eretz Israel e qui comincia una nuova vita, così distante dal Mitteleuropa per storia e geografia, ma non certo per cultura. Incontra i letterati e i musicisti dell’epoca, scrive per il teatro e collabora con diversi musicisti, tra cui Uriel Boskovitch e Marc Lavry.
Ed è proprio a Max Brod che dobbiamo il libretto della prima opera ebraica, Dan Hashomer, basata sul dramma di Shin Shalom “Spari sul kibbutz”. L’opera è oggi un documento di grande importanza, perché presenta uno spaccato di vita del kibbutz e dà voce a quell’esistenza che si esprime nella tensione dialettica tra Vecchia Europa e Nuova Terra, in cui la tradizione musicale delle grandi accademie dell’Ovest e le lingue della diaspora cercano un punto di incontro con le sonorità dell’Est e l’ebraico assurto a koiné. Dan Hashomer, rappresentata la prima volta nel 1945 e poi una trentina di volte su diversi palcoscenici, è rimasta dimenticata per molti anni e probabilmente non ha ricevuto le giuste attenzioni. Subito dopo la prima del ‘45, il musicologo Moshe Gorali, scrisse di aver riconosciuto in Dan Hashomer “l’incontro di tre generazioni: genitori anziani, pionieri e figli sabre, uniti da una catena di melodie trasmesse di generazione in generazione”.
Oggi ascoltiamo una breve clip dell’allestimento del 2015, realizzato con giovani musicisti e studenti presso la Biblioteca Nazionale di Gerusalemme.
Consiglio d’ascolto: https://vimeo.com/214236836#at=3
Maria Teresa Milano
(23 maggio 2019)