Cittadini e stranieri
Chiamato a ragionare in pubblico sulle dinamiche storiche che hanno condotto nei secoli a definire la dicotomia straniero/cittadino nell’Europa cristiana con uno speciale riferimento alla presenza ebraica, è apparso subito chiaro che il tema è decisamente complicato. Naturalmente la ragione per cui mi è stato chiesto di parlarne riguarda la stretta contemporaneità. Fra due giorni andiamo a votare in Europa e sul falso slogan sovranista dei “padroni a casa nostra” e del “vade retro straniero” si fonda uno scontro politico duro. In questo contrasto gioca un importante ruolo la lettura della storia dell’Europa. Per sfortuna di chi usa la retorica vuota per accaparrarsi consensi il concetto di straniero e quello di cittadino nel nostro continente non ha mai conosciuto un percorso lineare. Il cittadino non sempre si caratterizzava per religione (cristiano? Ma quale tipo di cristiano), e gli stranieri quando c’erano (e ce n’erano molti) godevano di diritti variamente definiti. Certamente l’avvento dello Stato nazionale ha cambiato alcune dinamiche, irrigidendo le maglie del diritto in materia di cittadinanza. Tuttavia è complicato trovare un momento della storia del nostro continente nel quale si potesse dire nettamente di un gruppo umano che fosse “straniero” e che dovesse essere totalmente emarginato quando non allontanato. Certo, agli ebrei è toccato in sorte più di una volta. Sono stati espulsi per motivi economici dalla Francia all’inizio del ‘300 (ma sono tornati), poi per motivi di religione e di “limpieza del sangre” dalla Spagna e dal Portogallo nel 1492 e poi nel 1497 (e si son fatti marrani). E sono stati rinchiusi in ghetti fra ‘500 e ‘700. Ma questi atti politici e amministrativi – che ci furono e furono duri, dolorosi e tragici – non comportarono nelle realtà locali una dinamica di completa esclusione degli ebrei, ma aprirono le porte a una contrattazione dei termini della residenza in Europa con il potere dello stato. È questo il tema: la continua esistenza di uno spazio per la trattativa (impossibile solo nella tragica vicenda della Shoah), per stabilire in che modo gli ebrei avrebbero potuto continuare a risiedere in Europa come singoli e come comunità. È stata questa dinamica a far sì che gli ebrei siano forse una delle popolazioni più europee ed “europeiste” del continente. Ed è per questa ragione che è improponibile la dinamica rigida proposta dal sovranismo in tema di cittadinanza.
Gadi Luzzatto Voghera, direttore Fondazione CDEC
(24 maggio 2019)