L’odio suprematista
“Il 73% degli ebrei americani si sentirebbe meno sicuro rispetto a due anni fa e il 60% ritiene che responsabile di questo nuovo emergere dell’antisemitismo negli Stati Uniti sia la politica di Donald Trump.” Così è stato rivelato da un recente sondaggio del Jewish Electorate Institut pubblicato sul Times of Israel. Secondo l’Anti-Defamation League gli episodi di odio antiebraico, sebbene in leggero calo rispetto al 2017 – anno nel quale è stato registrato il numero più alto degli ultimi tempi-, sono divenuti più violenti, e tutti questi secondo l’associazione sono attribuibili a suprematisti bianchi. Nonostante le continue accuse di antisemitismo da parte di Trump nei confronti del Democratic Party, e le ambigue dichiarazioni su gruppi ebraici e Israele da parte di alcuni esponenti della sinistra americana. Dati sui quali potrebbe riflettere chi ritiene che ci possa essere armonia tra populismo sovranista e il legame per Israele e gli ebrei.
In Germania, qualcuno potrà forse obiettare – come racconta un ottimo reportage del New York Times – negli ultimi anni c’è stato un aumento dell’antisemitismo dovuto non solo all’estremismo di destra, ma anche all’afflusso di emigrati musulmani del Medio Oriente.
Non so però quale logica potrebbe avvalere la tesi che per contrastare un odio sia necessario sposarne un altro analogo, ovvero quello xenofobico dell’estrema destra il quale in verità non risparmia nessuno.
L’intolleranza di qualunque estremismo non può che portare alla divisione e all’ulteriore conflitto. Chi può davvero credere che l’estremismo islamista si possa contrastare bruciando il Corano nelle piazze? – come ha fatto qualche giorno fa il leader islamofobico Rasmus Paludan in Danimarca –.
Se il dialogo, la conoscenza, l’incontro, la convivenza, la partecipazione possono sembrare parole utopiche e vuote di contenuto, queste rimangono l’unica via percorribile e possibile contro l’odio.
Francesco Moises Bassano
(24 maggio 2019)