La proteina che aiuta la memoria

Il dottor Makoto Kuro-o, il cardiologo giapponese che lo ha scoperto nel 1991, lo ha chiamato Klotho, come la Parca che tesse i fili della vita. Perché questa proteina, che nell’uomo è codificata dal gene KL ed è prodotta naturalmente in alcuni organi, tra cui il cervello, avrebbe la particolarità di determinare ladurata e la qualità dell’invecchiamento. Questo almeno è il risultato delle ricerche del team dei giapponesi che, aumentando o sottraendo il Klotho in alcune cavie di laboratorio, hanno verificato che i topi ai quali veniva sottratto Klotho morivano più giovani, mentre quelli ai quali veniva somministrata una quantità doppia di Klotho vivevano più a lungo. Nel 2011 una neurologa americana, Dena Dubai, si chiese se il Klotho potesse essere utilizzato anche per migliorare le qualità cognitive e la memoria. I risultati furono sorprendenti. Non solo i topi sani ai quali veniva somministrato il Klotho miglioravano la capacità di apprendimento, ma anche quelli nei quali era stato indotto l’Alzheimer sembravano essere protetti dal declino cognitivo e daideficit di memoria indotti dalla malattia, pur in presenza delle placche beta amiloidi che sono tipiche dei cervelli colpiti da questa malattia. La proteina non è ancora stata testata sull’uomo, ma alcuni studi condotti su popolazioni che hanno una variante genetica che comporta una più alta presenza di Klotho appaiono più longevi e con un declino cognitivo più lento. Nel 2015 una scienziata americana, Carmela Abraham, della Boston University School of Medicine, ha fondato una compagnia, Klogene, basata a Boston. Con l’idea di scoprire il modo per aumentare la produzione di Klotho negli esseri umani, o mediante un farmaco o per mutazione genetica tramite la tecnica CRISPR. Per ora non sono riportati risultati significativi. Ma l’idea che possa esistere una proteina naturale capace di aiutare la memoria, sia nelle persone malate che in quelle sane, è molto seducente.

Viviana Kasam

(3 giugno 2019)