Spiritelli e pietre d’inciampo

emanuele calòLe c.d. pietre d’inciampo sono una delle poche buone idee degli ultimi anni, perché riescono a far rivivere le persone deportate dai nazisti, inserendovi anche la data di nascita e quella dell’assassinio. Quando le scorgo, mi chino e rifletto alla terribile vicenda riportata, calcolo l’età e m’immedesimo nella tragedia. È questione di tempo; andando indietro, se fossi vissuto allora, la pietra d’inciampo potrebbe riguardare me e, andando avanti, si potrebbe ipotizzare un evento speculare, perché il 29 maggio u.s. a Roma, in Via della Reginella, una pietra d’inciampo è stata coperta con una scritta in tedesco, dove si spiega che l’assassino torna sempre sul luogo del delitto. By the way, Via della Reginella è un’espansione recente dell’antico ghetto, concessa dal Papa per venire incontro alle proteste del mondo esterno, indignato per la condizione in cui versava il carcere (ora si ricorre alla parola ’ghetto’ come se fosse stato un luogo ameno, ma era il carcere dei miei avi italiani, a dimostrazione che talvolta la memoria funziona a giorni alterni). Casualmente, in un mio romanzo uscito due mesi addietro (Gite ad Auschwitz), ho rappresentato uno scenario siffatto; allora sembrava irreale, forse adesso un poco meno. Per rispondervi, non sarebbe giusto limitarsi a puntare il dito per continuare a fare del moralismo fine a sé stesso, tanto autoreferenziale quanto inutilmente gratificante. Perché per fare il moralista non serve ragionare, mentre il ragionamento potrebbe svolgere un’utile funzione rammentando che l’odio è così redditizio in termini elettorali da rendere poco conveniente arginarlo o ridimensionarlo. Poiché stiamo discorrendo di immigrazione, chi non ha saputo o voluto controllarla, ha fatto un grosso favore a chi, facendo uscire lo spiritello dalla bottiglia, non troverebbe ora conveniente rimettercelo, ammesso che sia possibile. Intendiamoci, si può combattere la stessa battaglia politica senza necessariamente scatenare l’odio, ma bisognerebbe faticare molto di più.

Emanuele Calò, giurista