La biblioteca dell’Oflag di Münster

lotoro okNei siti di cattività civile e militare aperti durante la Seconda Guerra Mondiale si riprodussero su scala ridotta modelli di vita civile che inesorabilmente tendevano alla stratificazione sociale; il proletariato, la piccola e media borghesia, la classe privilegiata.
Categorie che si rispecchiavano nei Prominenten di fascia A e B, nei dispensati dai lavori pesanti, negli addetti a sorveglianza e amministrazione; succedeva dappertutto, ad Auschwitz come a Dachau, Mauthausen, Buchenwald, Stutthof.
Ciò non salvava una sola vita ma permetteva il funzionamento degli ingranaggi del sito e creava inevitabilmente filtri tipici di una burocrazia da Campo di concentramento.
Anche nei Campi di prigionia militare, al di là della separazione tra ufficiali e sottufficiali con truppa, si riproponevano modelli di aggregazione tipici della vita sociale mitteleuropea del sec. XX; gran parte degli ufficiali non erano militari di carriera ma professionisti inquadrati e arruolati nelle forze armate allo scoppio della Guerra.
L’attività teatrale, cabarettistica, musicale e operettistica – dal livello qualitativo di attori, cantanti, musicisti e staff alla qualità di strumenti, costumi e logistica – riproponeva in cattività i più diversi background artistici, culturali e sociali amplificati da disagio e assurda compressione demografica.
La musica concentrazionaria è fondamentalmente un diverso veicolo di stratificazione e riflette lo status di chi quella musica la scrive e la gestisce nel Campo; essa ha inoltre componenti aggiuntive di estro, originalità, capacità di sintesi dei tessuti musicali utilizzati prima della cattività nonché capacità di riadattamento e rimescolamento alla luce di nuove soluzioni organologiche, contesti ambientali, tempistiche di produzione teatrale o musicale o concertistica che rendono originale ogni prodotto dell’ingegno nei Campi.
Tuttavia, nell’arco temporale di permanenza nel Campo, subentravano energie occulte e la produzione musicale in cattività iniziava a svolgere azioni di carotaggio fungendo altresì da livellatore sociale; differenti background rimangono nella musica ma in filigrana, a favore della creatività e del comune senso di solidarietà.
Quale che sia lo status e il regime di pianificazione e controllo di un Campo, inevitabilmente entrano in gioco meccanismi di creatività letteraria, sportiva, artistica, musicale, ludica; nelle sue forme più complesse di regime concentrazionario come quelle messe in atto a Theresienstadt e Westerbork, Oflag XA Nienburg am Weser e VI Münster dove fu allestita una biblioteca dotata di oltre 16.000 volumi, Gulag di Komi e Vorkuta (nella foto).
L’attività intellettuale e l’esibizione musicale divengono elementi essenziali di interconnessione, relazione e organizzazione, causa di benefici e privazioni, motori di sviluppo e detrimento di relazioni e tutto quanto dal punto di vista sociologico attiene all’universo concentrazionario.
L’Arte è un valore che si tramanda di generazione in generazione come l’educazione e i valori civici; quadri e opere d’arte furono trafugate, sequestrate, confiscate e talora distrutte ma la musica creata in cattività si è salvata pressoché interamente, complici alcuni sofisticati sistemi di trasmissione orale e ibernazione mnemonica del materiale sonoro e letterario.
La musica poteva essere trasmessa perché, a differenza di altre Arti, il suo valore non risiede nel supporto cartaceo ma nelle ideali strutture architettoniche e nei linguaggi connessi a quel supporto.
In cattività, la più eterea delle Arti divenne testamento per l’autore e letteratura per l’umanità.

Francesco Lotoro

(5 giugno 2019)