“Attentato all’AMIA,
la giustizia deve trionfare”
“L’attentato all’AMIA fu un atto codardo e selvaggio, una minaccia alla convivenza faticosamente conquistata dal nostro Paese”.
Il 18 luglio del 1994 un furgone carico di tritolo esplose nei pressi dell’Associazione Mutualità Israelita Argentina a Buenos Aires, facendo 85 vittime e oltre 200 feriti. Un’azione terroristica con una probabile regia iraniana e che resta oggi avvolta da molti misteri, ombre, tentativi di insabbiamento, cui si è aggiunto nel gennaio del 2015 l’omicidio del procuratore Alberto Nisman, che poche ore dopo avrebbe dovuto presentarsi di fronte a una commissione parlamentare per dare conto degli sviluppi della sua inchiesta e delle sue accuse contro la presidente della Repubblica in carica allora, Cristina Kirchner, ritenuta responsabile di un occultamento delle responsabilità di Teheran.
A 25 anni dall’attentato, nel corso di una cerimonia tenutasi nella sede della rappresentanza diplomatica argentina a Roma, l’ambasciatore Tomas Ferrari è tornato a quel sanguinoso giorno di estate del ’94 con parole di profondo rammarico per quanto accaduto, ma anche con una promessa: “Il governo – ha affermato – farà di tutto per ottenere verità e giustizia. È fondamentale che questa trionfi, per la storia del nostro Paese e della sua comunità ebraica”.
“Oggi – ha dichiarato Noemi Di Segni, presidente UCEI – ricordiamo le 85 vittime e oltre 300 feriti dell’attentato alla sede dell’AMIA e della comunità ebraica argentina. Anche questa comunità pienamente integrata nel paese che ha donato il suo sapere e il suo fare per crescere con il paese, con il sacrificio di vittime e figli desaparecidos nei periodi di dittatura per affermare le libertà anelate”. A ricordarlo spicca la figura di Vera Vigevani Jarach, “combattente per la memoria, madre de Plaza de Mayo, giunta in argentina per scampare alle leggi razziste e al destino della Shoah, simbolo della resistenza genitoriale e della ricerca della verità”. L’impegno per la memoria e contro la negazione della vita, ha aggiunto Di Segni, deve andare avanti ogni giorno. “Nelle piccole e nelle grandi scelte che si compiono. Ma soprattutto facendo ben comprendere alle istituzioni e alla collettività che ci circonda che questo è un tema identitario che riguarda tutti”.
In sala, tra gli altri, l’ambasciatore israeliano Ofer Sachs, la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello, il segretario generale UCEI Uriel Perugia e il rav Cesare Moscati.
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(11 giugno 2019)