Destra, sinistra
e le parole di Bobbio
Venticinque anni fa, nel 1994, il grande Norberto Bobbio (con cui ho avuto l’alto onore di intrattenere alcune personali conversazioni, di cui serbo un prezioso ricordo) scrisse un libretto di grande importanza, intitolato “Destra e sinistra. Alle radici di una distinzione politica”. Il testo, ricordo, fu criticato da sinistra, perché avrebbe, in un certo senso, ‘sdoganato’ la destra, nel momento che i due concetti venivano apparentemente posti, sul piano dell’analisi, allo stesso livello, e la parola ‘destra’ figurava anzi, nel titolo, al primo posto.
La tesi di fondo era che a fare da discrimine tra destra e sinistra non sarebbe tanto il valore della libertà – giacché entrambe le famiglie politiche avrebbero parimenti annoverato istanze sia libertarie che autoritarie -, quanto quello dell’uguaglianza, valore che apparterrebbe prevalentemente al bagaglio culturale della sinistra, piuttosto che della destra. Ma la cosa più importante dell’argomentazione del grande filosofo – e anche la ragione per cui fu oggetto di sbrigative critiche – fu il ragionamento da lui espresso secondo cui non sarebbero i semplici contenuti “di destra” o “di sinistra” a potere mai qualificare come “buono” o “cattivo” un dato comportamento, ma piuttosto il modo in cui questi contenuti vengono concretamente declinati e tradotti in coerenti scelte comportamentali. Ovvio che tale visione non potesse piacere a tutti: era tanto semplice, tanto comodo, in quegli anni, ritenersi nel giusto soltanto in quanto si era “di sinistra”, ossia con in tasca il passaporto per il progresso. Che “la destra” potesse avere ragione, per alcuni, era un ossimoro. La destra era come una strada con un divieto di transito, che serviva ad assicurare, evitando di entrarvi, che si stava invece camminando sulla corsia giusta. E il fatto che la destra vincesse le elezioni, non era certo una smentita, anzi. Si sa che “il popolo” non capisce niente. Molta gente avrebbe preferito autoaccusarsi dei più atroci misfatti, anziché ammettere di essere di destra.
Oggi mi pare che le parti si siano capovolte. A essere diventata una parolaccia, in molte parti del mondo, è il termine “sinistra”, divenuto sinonimo di ogni nefandezza. Se il grande Bobbio fosse ancora tra noi, potrebbe essere tentato, forse, dal pubblicare una riedizione del suo libretto, a cui, magari, cambierebbe titolo, chiamandolo “Sinistra e destra” (visto che ad avere bisogno di sdoganamento parrebbe essere, al giorno d’oggi, la sinistra).
Personalmente, devo dire che non amo i due concetti, perché vengono spesso usati come meri contenitori, atti qualificare quello che ci sta dentro indipendentemente dalla sostanza delle cose. Non mi è mai piaciuto che qualcosa sia apprezzato o disprezzato prima ancora di andare a vedere di cosa si tratti, solo per il suo essere ritenuto di destra o di sinistra, spesso in base a categorie molto opinabili (la sicurezza, per esempio, non è “di destra”, e la pace non è “di sinistra”). Se dovessi indicare i miei punti di riferimento fondamentali, tra i termini del trittico della Rivoluzione Francese, al primo posto metterei il terzo, “fraternité”, ossia solidarietà (concetto decisamente negletto e abbandonato ai giorni d’oggi), perché gli altri due sono, sì, importanti, ma necessitano di molte precisazioni. Non si può essere sempre liberi, né sempre uguali. Ma ne metterei anche diversi altri, che sono “responsabilità”, “rispetto”, “istruzione”, “dignità”, “ambiente”, “futuro”. Tutte parole il cui valore proprio Bobbio ha contribuito, come pochi altri, a promuovere (ricordo solo, tra tanti suoi libri, uno, memorabile, sul concetto di “guerra giusta”, anch’esso, ovviamente, oggetto di molte polemiche).
Il giorno in cui le parole “destra” e “sinistra” dovessero andare nel dimenticatoio, quindi, non mi rattristerei. Ma, fintanto ciò non accadrà, vorrei invitare tutte le persone che si autodefiniscono di destra o di sinistra di leggere (o rileggere) il prezioso libretto. E, se non avessero il tempo o la voglia di farlo, di ringraziare comunque i loro avversari del campo opposto, per il solo fatto che, esistendo, permettono anche a loro di esistere. Non è una questione di politica, ma, semplicemente, di geometria.
Francesco Lucrezi
(12 giugno 2019)