Integrità

sara valentina di palmaLo leggeremo questo Shabbat in Nasò: il Signore riferisce a Moshè le parole della benedizione sacerdotale da dire al fratello e ad i suoi figli, perché sappiano esattamente come benedire il popolo.
Ancora pochi giorni or sono, durante la Birchat Coanim ricevuta a Shavuot sotto il caldo del talled, mi ha stupito, e mi colpisce sempre, ciò che i coanim come intermediari di Kadosh BaruchHu devono dire al popolo: il Signore benedice i figli di Israele augurando loro di custodirli, fare risplendere il loro volto, donare loro grazia, elevare il Suo volto su di loro e concedere loro pace (Bemidbar 6, 24-25).
Pace nel senso di completezza ed armonia, shalom come solidità ed equilibrio in se stessi prima di tutto, e quindi con gli altri. Non è un caso che la benedizione arrivi dal Signore al popolo mentre si deve preparare alla guerra per conquistare la Terra di Israele: non può esserci armonia esterna se prima non ci sono tranquillità ed integrità interiore, come base per instaurare poi qualsiasi relazione.
Quale dono migliore poteva mandarci Kadosh Baruch Hu, ho pensato di nuovo durante la derashà rabbinica in Tempio a Firenze il primo giorno di Shavuot, sentendo parlare della relazione tra la prima parola donataci (un’affermazione che si fa regola di vita: riconoscere il Signore come nostro, אָֽנֹכִ֨י יְהֹוָ֣ה אֱלֹהֶ֔יךָ , colui che ci ha liberato dalla schiavitù d’Egitto) e l’ultima (riconosciamo davvero il Signore se riusciamo ad allontanare da noi il desiderio spasmodico e violento, irrispettoso dei beni altrui, לֹ֥א תַחְמֹ֖ד ).
אָֽנֹכִ֨י יְהֹוָ֣ה אֱלֹהֶ֔יךָ, il Signore tuo Dio, se riesci davvero ad accettare la Sua benedizione di pace, a costruirti un’integrità interiore, e quindi a trasferirla nella capacità di instaurare relazioni corrette con gli altri. Nulla di più prezioso. E difficile.

Sara Valentina Di Palma

(13 giugno 2019)