Le Comunità d’Europa e il futuro

Quali le principali sfide? Quali le preoccupazioni e le aspettative di coloro guidano le comunità ebraiche europee sui prossimi cinque – dieci anni? In estrema sintesi sono queste le domande cui ha cercato di rispondere la quarta indagine sui dirigenti e professionisti delle comunità ebraiche europee, condotta ogni tre anni dal team di ricerca europeo dell’American Jewish Joint Distribution Committee, JDC, insieme all’International Centre for Community Development, ICCD, con la collaborazione, per l’Italia, del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano. Circa 900 rispondenti che operano in 29 diversi paesi europei, per un questionario proposto in dieci lingue, in un momento in cui, in un contesto europeo di profonda incertezza, crescono preoccupazione, soprattutto per quanto riguarda antisemitismo, resilienza e sicurezza. ma anche la determinazione a rimanere in Europa e la volontà di investire nel futuro.
A un relativo ottimismo rispetto alla situazione attuale corrisponde anche, per la prima volta negli ultimi dieci anni, una preoccupazione crescente per la povertà. La crisi umanitaria in corso mette a dura prova le comunità ebraiche, che si trovano a dover bilanciare l’impegno per l’accoglienza con l’esigenza di garantire la sicurezza delle loro istituzioni.
L’antisemitismo è percepito come una minaccia, con il 6 per cento dei rispondenti che si aspetta un ulteriore aumento del pregiudizio. Nella parte occidentale del Vecchio Continente la propensione a considerare l’antisemitismo come una minaccia in crescita è più forte, così come l’allarme per il deteriorarsi generale della situazione. L’antisemitismo però non è in cima alle preoccupazioni dei dirigenti, che richiesti di mettere in ordine le insidie hanno posto l’accento prima sulla disaffezione degli ebrei alla vita comunitaria, che arriva al 66 per cento, il declino demografico, al 65, e la mancanza di impegno da parte degli iscritti, al 62 per cento. Ci sono poi anche la mancanza di rinnovamento delle organizzazioni ebraiche e la scarsa conoscenza dell’ebraismo. Valutazioni ottenute chiedendo agli intervistati di valutare quindici voci relative alle minacce e alle tensioni, sia interne che esterne alla comunità, che essi considerano rischiose per il futuro della vita ebraica nel loro paese, su una scala di 5 punti in cui 1 significa “non è affatto una minaccia” e 5 “una minaccia molto seria”. Oltre alla disaffezione degli ebrei dalla vita della comunità ebraica e il calo demografico altri punteggi molto alti riguardano le voci sull’organizzazione interna della comunità, introdotte per l’indagine del 2018.
Sugli stessi argomenti è presentato un confronto tra Italia, Europa occidentale ed Europa: in Italia declino demografico, disaffezione rispetto alla vita comunitaria e mancanza di sostenibilità economica non solo sono le prima tre voci ma la preoccupazione è di parecchio più alta che nel resto d’Europa. Il distacco fra la percezione italiana e quella europea è rispettivamente di 26, 24 e nuovamente 26 punti percentuali. E più in generale i rispondenti italiani paiono essere più preoccupati dei loro colleghi europei per quasi tutte le voci, con l’eccezione della mancanza di vita religiosa che non solo è la cosa meno preoccupante ma passa dall’essere considerata una minaccia da solo il 14 per cento dei dirigenti italiani al 29/30 da parte degli altri europei. Le altre due voci per le quali il distacco tra italiani e la media europea è notevole sono i “conflitti interni ebraici”, ritenuti una minaccia per il 60 per cento dei rispondenti italiani – la media europea è del 43/44 per cento – e la “mancanza di pluralismo religioso nella comunità” – percepita come una minaccia alla vita comunitaria per il 54 per cento dei rispondenti italiani, contro una media del 39/40 per cento europea.

Ada Treves

(17 giugno 2019)