L’eredità morale di Bloch
Il 16 giugno del 1944, settantacinque anni fa, veniva fucilato dai tedeschi presso Lione Marc Bloch, partigiano e forse il maggiore storico del Novecento. Aveva cinquantotto anni. David Bidussa, che lo ha ricordato ieri in un bell’articolo su Gli stati generali, ha concentrato la sua analisi soprattutto su un suo libro straordinario, La strana disfatta, scritto nel 1940 interrogandosi sulla sconfitta della Francia. Nello stesso anno, con le leggi antisemite di Vichy, fu cacciato dall’insegnamento, a cui fu però poi riammesso per meriti eccezionali. Il suo capolavoro, I re taumaturghi, è del 1924, mentre è del 1929, insieme a Lucien Febvre, la creazione della rivista Annales, destinata a mutare radicalmente il modo di fare storia. Nel 1942 entrò nella Resistenza, nel marzo 1944 fu arrestato, torturato e assassinato. Non ci ha lasciato solo come esempio la sua straordinaria grandezza di studioso e i suoi libri magistrali. Ci ha anche lasciato un’eredità morale, legando indissolubilmente il suo mestiere di storico con il suo impegno etico e politico. Sarebbe il momento di ripensarlo, ora che la storia è stata messa in un angolo, trascurata e negletta.
Anna Foa, storica
(17 giugno 2019)