Immagini distorte

sara valentina di palmaDi recente è apparsa sulla stampa una notizia apparentemente futile: dalla Conferenza dei Rabbini Europei sarebbe arrivata la richiesta di introdurre nel linguaggio grafico informatico le emoji (le cosiddette faccine) con la kippà, in assenza di immagini rappresentative dell’identità fisica ebraica, diversamente da quanto accade per altre religioni. Ciò sarebbe legato ad una debole presenza ebraica (anche) in questo ambito, cosa che occulterebbe ulteriormente la popolazione ebraica e ne favorirebbe un’immagine distorta – secondo uno dei tanti apparenti paradossi, per cui la percezione numerica degli ebrei è ipertrofica, sebbene l’ebraismo sia perlopiù poco conosciuto, e soprattutto ignorata sia l’esistenza degli ebrei quali esseri viventi qui ed oggi – non quelli riassunti in dieci righe dei libri di quarta elementare, se non ricordo male in un punto imprecisato della narrazione tra gli assiri ed i babilonesi, per intenderci, e all’improvviso ricomparsi durante la Seconda guerra mondiale per essere rapidamente assassinati nella Shoah, secondo schede di approfondimento sul tema che compaiono negli stessi testi: no, gli ebrei in carne ed ossa, magari anche nati e cresciuti in Italia e di madrelingua italiana (cosa che di solito colpisce molto: poter essere ‘ebraici’, ove sostantivo ed aggettivo sono spesso usati in maniera interscambiabile, ed insieme italiani).
Quanti sono gli ebrei di questa comunità, ho sentito spesso a chiedere da persone che in buona fede, sentendosi rispondere rilanciando con un’altra domanda (come in quella storiella del Rav cui viene chiesto perché risponda sempre ad una domanda con un’altra domanda, e quello ribatte: perché no?). Quanti sono, piuttosto, gli ebrei in Italia secondo lei? E la quasi totalità degli italiani non di religione ebraica risponde proponendo cifre superiori a qualche milione. Pur non avendone mai incontrato uno in carne ed ossa, perché appunto gli ebrei in Italia non arrivano a trentamila.
E difatti, utile più che provocatoria poteva essere quella mostra intitolata ‘Tutta la verità…quello che avete sempre voluto sapere sugli ebrei’, proposta alcuni anni or sono al museo ebraico di Berlino, dove ebrei reali erano a disposizione del pubblico per rispondere ai loro dubbi e curiosità, e far emergere così che in fondo, neppure sotto i pantaloni, gli ebrei hanno la coda (sebbene le frange del Talled abbiano indotto i diffidenti e spesso ostili vicini cristiani ad intravederla).
Del resto, di stereotipi è pieno il mondo, e comparire in spiaggia attorniati da un numero di figli che sia un numero primo superiore a tre significa sentirsi chiedere nel giro di cinque minuti dalla curiosa vicina di ombrellone (che non manca mai) se si fa parte di una famiglia neocatecumenale. E per non incorrere in pregiudizi dettati dall’ignoranza, la sera è stata subito intrapresa una veloce ricerca per sapere chi siano, codesti neocatecumenali. Perché loro, sorpresa (ma pensandoci non troppo, sempre da lì originano) sono cattolici che si richiamano tra le altre cose allo shemà e fanno uso di matzà grossa durante la liturgia. Loro pare siano molto prolifici (onde la domanda dell’invadente vicina di spiaggia). Loro sono oltre centomila secondo recenti stime, neppure tantissimi dunque, per quanto il quadruplo della popolazione ebraica italiana. Ma forse sono più conosciuti, perlomeno in spiaggia.

Sara Valentina Di Palma