Setirot – I toni del confronto
Dove vogliamo andare? Futuro dell’ebraismo italiano? Ma di che cosa stiamo parlando? Non bastano le proiezioni statistiche del professor Sergio Della Pergola che ci danno sostanzialmente in via di estinzione? No, noi dobbiamo “scannarci” un giorno sì e l’altro anche. E se non è per questioni di elezioni comunitarie sarà per il giudizio sul governo di Israele – che per altro non dovrebbe davvero rappresentare l’hard core dei nostri chiamiamoli dibattiti. Se non è per Israele sarà per le modalità e i tempi in cui si applica la Halakha in materia di ghiurim. E se non sarà per i ghiurim sarà perché non è ammesso essere “di sinistra” ovvero “buonisti” (che espressione ridicola e dall’eco fascisteggiante), mentre è (quasi) del tutto kosher votare e/o militare con gli alleati razzisti e assai poco democratici di Casa Pound e Forza Nuova. E se non è per la politica sarà per i rapporti con gli altri ebraismi. E poi buone ultime (non in assoluto, il passato è ricco di episodi tristemente simili) arrivano le sberle metaforiche tra rabbanim. I medesimi rabbini che buona parte della comunità accusava fino a ieri – sia da una parte che dall’altra – di essere affetti da mutismo endemico, di non prendere posizione su alcunché all’infuori della materia squisitamete halakhica. Ed eccoci serviti. Interviene rav Pierpaolo Punturello che giudica molto interessante l’ormai famosa intervista di Guido Vitale ad Ha Keillah. “…una giusta provocazione sul ruolo, la percezione e l’incisività del rabbinato italiano” è il suo giudizio, “Vitale ha lanciato una pietra nello stagno. Il problema è che non è più uno stagno, ma una palude”. Poi motiva lungamente e approfonditamente.
Non ho la competenza né gli strumenti per giudicare il merito, anche se mi permetto di affermare che, salvo ovvie eccezioni, la rabbanut nostrana pare in effetti avere un problema di presenza e di autorevolezza.
Non ci sta rav David Sciunnach. Che controbatte, giustamente dal suo punto di vista. Però, dico io, c’è bisogno di iniziare scrivendo “…ho letto anche io la melliflua intervista rilasciata tempo fa da Guido Vitale”. Può non essere molto interessante, quell’intervista, ma perché il sarcastico insultante melliflua? E poi giù con stoccate di carattere personale non propriamente di buon gusto (rav David, per ciò che ti conosco, non è da te). Aggiungo che mi rattrista e un poco preoccupa constatare come un cortocircuito culturale ahimé diffuso nella società italiana risuoni anche tra noi: “…Se il rabbino Punturello desidera davvero aiutare l’ebraismo italiano e il suo rabbinato, che si candidi… come spesso in questi anni ha avuto possibilità, a rabbino-capo di una piccola o media comunità italiana…”.
Lascio ai rabbanim (e non solamente a loro; sarebbe opportuna una grande discussione che raccogliesse i cosiddetti laici e i religiosi) il prosieguo del confronto, auspicando toni più congrui. Sono i tempi, evidentemente. Ricordo bene una diatriba senz’altro più “pesante” di non molti anni fa tra diverse “scuole” rabbiniche italiane, diatriba triangolata con la rabbanut israeliana. Dopo un breve quanto incendiario fuoco di artificio iniziale cadde il silenzio più assoluto. Speriamo di non assistere a un bis.
D’altronde che il nostro rabbinato non goda di ottima salute lo testimonia rav Sciunnach stesso che è costretto a firmarsi presidente del Tribunale Rabbinico del Centro Nord Italia, Rabbino Capo di Ancona e delle Marche, Rabbino Capo di Parma e assistente del Rabbino Capo di Milano (responsabilità e fatiche per cui, e lui lo sa, ha la mia stima e il mio affetto).
Stefano Jesurum, giornalista