Oltremare – Miravalle

daniela fubiniCome tutti sappiamo, prima che le cose si complicassero per via del morso dato ad una mela o a qualche altro frutto paradisiaco, Adamo nel giardino dell’Eden ha ricevuto da Dio una importante se non fondamentale missione, quella di dare un nome alle cose intorno a sé. E ancora oggi, saper distinguere fra il sé e l’altro (oggetto o essere vivente) è uno dei parametri del comportamento umano. Alla fondazione di Israele, negli anni in cui si drenavano paludi nella valle di Ahula e appiattivano dune lungo il litorale che poi è diventato Tel Aviv, un piccolo paesino fu autorizzato a costruire e svilupparsi subito sopra Nazareth, ma solo all’alba del 1957 ricevette finalmente un nome: Nazrat Ilit. Traducibile come “Nazareth di Sopra”, non è l’unico caso di piccolo centro che prende il nome da quello grande più a valle in Israele, ma è, o meglio era, fino a venerdì scorso, l’unico caso in cui alla popolazione questo “Ilit” stava proprio stretto. Volevano l’indipendenza, dicevano nelle interviste televisive, una indipendenza toponomastica ma soprattutto identitaria. Nazareth è, per ottimi motivi storici e culturali, la capitale dell’Israele arabo-cristiana. Ha una identità forte, 75,000 abitanti di cui approssimativamente due terzi musulmani e un terzo cristiani. E la confusione fra le due Nazareth, quella principale e quella “di Sopra” che è la metà per volume ed è largamente ebraica, era ormai un peso. Perciò, anche grazie ad un nuovo sindaco in cerca di notorietà nel lungo periodo, la Nazareth di Sopra ha tenuto un regolare referendum, e con un “SI” dell’80% dei votanti ha cambiato il nome in Nof ha-Galil, letteralmente “vista sulla Galilea”, ma a me piace pensarla più come “Miravalle”, per via della vista davvero notevole che si gode dalla sua pur modesta altitudine. Da venerdì scorso nessun politico in visita elettorale o gps o guidatore di taxi può più confondersi: di Nazareth ce ne è una sola.

Daniela Fubini

(24 giugno 2019)