Istanbul, il sindaco del pluralismoImamoglu volto d’una Turchia diversa
In tempi di grandi scontri politici tra fazioni contrapposte, un messaggio di unità, pacato, non polarizzante è arrivato dalla Turchia: Ekrem Imamoglu ha vinto le elezioni ad Istanbul, la più importante città del paese (15 milioni di abitanti), attraverso una campagna votata a superare le divisioni. “Andrà tutto bene”, il suo motto politico che riassume l’atteggiamento adottato per conquistare la fiducia dei suoi elettori, ampliare i consensi e battere il candidato del presidente Recep Tayyip Erdogan, l’ex primo ministro Binali Yildirim. Non ci sono stati attacchi personali, niente slogan a porre qualcuno prima di altri. “La polarizzazione è un problema senza confini – aveva detto Imamoglu all’Atlantic – In tutto il mondo, il populismo è usato per dividere e governare. Ma credo che possiamo capovolgere questa tendenza”. E la sua larga vittoria nel giugno scorso contro l’uomo del presidente Erdogan ne è stata la dimostrazione. 800mila voti di differenza, un divario molto più ampio di quello di marzo, quando Imamoglu aveva sì vinto ma si era visto cancellare il risultato da Erdogan per presunte irregolarità elettorali. Questa volta la sua è stata una vittoria netta e senza appello in una città da 20 anni ininterrottamente nelle mani di Erdogan, che più volte aveva ricordato “Chi vince a Istanbul, vince in Turchia”. “Siamo fiduciosi che Imamoglu, dopo aver conquistato Istanbul, possa contendere il potere a Erdogan. Erano anni che non si sentiva un’atmosfera come questa. Anche se bisogna rimanere cauti”, spiega dall’Italia un rappresentante della Comunità ebraica turca, che preferisce rimanere anonimo. “I problemi in Turchia, soprattutto economici e di libertà di espressione, sono tanti e forse abbiamo trovato chi porterà il cambiamento”. “Imamoglu ha adottato un linguaggio che da tempo non sentivamo nella politica turca. Il suo modo di parlare agli elettori è attraverso l’unità e non con la retorica di voler emarginare”, racconta Jack che oggi vive in Israele, ma che un tempo era tra i manifestanti del Gezi Park di Istanbul: la grande manifestazione del 2013 che sembrava poter mettere fine all’egemonia di Erdogan ma che fu repressa con violenza. Ora Imamoglu sembra aver rivitalizzato quel mondo contrario al presidente. “L’atmosfera a Istanbul è molto promettente… alla gente piace… è un’occasione rara. – afferma Jack, come tanti altri tornato in Turchia apposta per votare – L’ultima volta che ho visto le persone così unite è stato con Gezi Park”. Imamoglu ha vinto in 28 dei 39 distretti in cui è divisa Istanbul. “Ha vinto anche dove sembrava quasi impossibile farlo – spiega il rappresentante della Comunità ebraica – nella aree più conservatrici della città come Fatih (il cuore più religioso di Istanbul presso la Moschea Blu), Tuzla (il collegio elettorale del candidato al governo Binali Yildrim) e Uskudar (dove vive lo stesso Presidente Erdogan) hanno tutti sostenuto Imamoglu”. Anche la comunità ebraica lo ha ampiamente sostenuto. “A marzo ha fatto un lungo e apprezzato discorso in cui ha fatto appello all’unità e ha parlato ai curdi, agli armeni, agli ebrei, ricordando che Istanbul è la città di tutti, e che sotto il suo mandato ci sarà spazio per tutti”.
“Certamente, questa vittoria – spiega Loui Fishman, esperto di Medio Oriente – è un momento di svolta nella storia turca. Ma nonostante l’ottimismo dello slogan della campagna elettorale di Imamoglu, ‘Andrà tutto bene’, anche i suoi sostenitori irriducibili sanno che c’è una lunga strada da percorrere”. Secondo Fishman, “Il messaggio d’Imamoglu di speranza e la capacità di catturare i cuori e le menti non solo degli elettori laici fedeli al Partito Popolare Repubblicano (CHP) ma anche del partito nazionalista Iyi, e di un numero crescente di elettori dell’AKP (il partito di Erdogan) disaffezionati, e non ultimi dei curdi del Partito Democratico dei Popoli è stata la chiave della vittoria”.
L’oggi 49enne Imamoglu, moderatamente religioso ed apprezzato anche dai laici, non era – racconta il Guardian – una figura politicamente nota a livello nazionale, non fino alle elezioni a sindaco di Istanbul. Prima di entrare in politica a livello locale una decina di anni fa, ha lavorato nell’impresa di costruzioni di famiglia. Nel 2008 si è unito al Chp e nel 2014 è stato eletto presidente del consiglio del distretto borghese di Beylikduzu a Istanbul. “La sua strategia in campagna elettorale di basso profilo in marzo si è costruita sulla fiducia che aveva già guadagnato tra gli elettori come amministratore competente e dalla mentalità aperta”, spiega il Guardian. Ora dovrà confrontarsi con i diversi problemi della città, che Jack descrive come la New York di Turchia: “non è la capitale ma è il cuore pulsante del Paese. I giovani vogliono viverci ma, a causa della grave situazione economica del paese, Istanbul risulta cara per i locali. C’è un problema di sovrapopolamento di alcune aree, un traffico esasperante, una corruzione diffusa”. “Il mercato immobiliare in città deve ripartire – sottolinea il membro della Comunità ebraica – e deve essere ampliata la rete metropolitana”. Problemi di cui Imamoglu è consapevole (rispetto al traffico ha dichiarato che costruirà altri 400 chilometri di metro) e di cui ha parlato in un’intervista prima del voto al giornale ebraico turco Salom (che intervistato anche Yildirim e si è dovuto difendere dalle accuse di aver fatto propaganda per Imamoglu). “Oggi, il 60 per cento di Istanbul dice che se ne avesse la possibilità, emigrerebbe perché è infelice. Non abbiamo garantito abbastanza istruzione a 350 mila giovani di questa città. […] Non siamo stati in grado di creare istituzioni educative sufficienti a garantire un buon futuro. Non siamo stati in grado di portare le donne di questa città alla vita sociale, né abbiamo spianato la strada per il loro impiego. Questa città è stata annegata nel traffico, in cemento, priva di aree verdi e parchi. Posso elencare molti altri esempi della mancanza e dei bisogni. – le parole di Imamoglu a Salom – Ma so che Istanbul è consapevole dei problemi e delle soluzioni. Sa che coloro che hanno governato per 25 anni hanno danneggiato questa città. Il management e i manager di nuova generazione sono esigenti. Lasciatemi essere chiaro, soddisferemo queste richieste”. La comunità ebraica (che conta circa 15mila iscritti), sottolineano dall’interno, lo ha votato in massa, con persone arrivate da Israele, dalla Spagna, dal Portogallo, dall’Italia apposta per votare. “Nel primo discorso dopo la vittoria di marzo, lungo e molto bello, Imamoglu ha ricordato che sarà il sindaco di tutta la città, e ha esplicitamente citato tutte le minoranze, curdi, armeni, ebrei.. sottolineando che ogni minoranza può trovare un garante in lui. Gli ebrei turchi così come tutti coloro che credono in lui sperano sarà lui il volto del cambiamento di un paese che deve rialzarsi e sconfiggere l’autoritarismo di Erdgogan”.
In una sua lettera pubblicata dal Washington Post, Imamoglu ha spiegato che: “La vera resilienza richiede il superamento delle divisioni attraverso il dialogo e la consultazione con i cittadini, una lezione applicabile ben oltre la Turchia. Il pluralismo non è il nostro nemico, né qui a casa nostra né nel mondo esterno. Dobbiamo abbracciarlo e sfruttare la forza che la diversità porta con sé”.
Daniel Reichel