Cosa dimostra Srebrenica
Martedì sarà l’anniversario dello sterminio di Srebrenica.
Quando nel maggio del 2011 è stato catturato Ratko Mladic, molti, ricordando lo sterminio di Srebrenica del luglio 1995, hanno detto che Srebrenica ci aveva «rivelato» Auschwitz. Ne dubito. Di fronte a Srebrenica tutti noi abbiamo scoperto un’altra cosa, ma non siamo in grado di dirlo.
Srebrenica 9-11 luglio 1995 dimostra due cose (almeno). La prima: sapere che sta accadendo qualcosa, vederlo persino, non impedisce che quella cosa non solo sia possibile, ma che avvenga. La seconda: dopo, noi, non i carnefici, siamo ancora in grado di vivere senza sentire la vergogna.
A Srebrenica abbiamo scoperto, ma ancora 24 anni dopo, non siamo disposti a riconoscere che non è vero che lo sterminio avviene perché nessuno lo sa e che se avessimo saputo, non sarebbe potuto avvenire.
Lo sterminio avviene, lo vediamo in diretta e complessivamente continuiamo a pensare che sono “fatti loro”.
Srebrenica luglio 1995, uno sterminio che è avvenuto non mentre tutti eravamo in vacanza, ma in un giorno infrasettimanale (per la cronaca era martedì), a poca distanza di qui, costituisce un evento ineludibile per riflettere sul senso della memoria e sulla sua funzione. Non era la prima volta. Quindici mesi prima era già avvenuto in Rwanda. Anche allora era prevalso il silenzio.
David Bidussa, storico sociale delle idee