Un salvadanaio per gli alberi

Viviana KasamLa rivista Science ha pubblicato recentemente una ricerca in cui si sostiene che per salvare il mondo dalle conseguenze del riscaldamento globale, la misura più efficace sarebbe quella di piantare tre trilioni di alberi, coprendo una superficie di nove milioni di chilometri quadrati, ovvero più o meno quella degli Stati Uniti.
I nuovi alberi potrebbero in tempi relativamente brevi aspirare quasi 830 miliardi di tonnellate di diossido di carbonio, la causa principale dell’aumento delle temperature. È più o meno la quantità di inquinamento che abbiamo rovesciato nell’atmosfera negli ultimi 25 anni. Il beneficio potrebbe essere rapido, sostengono gli studiosi, perché gli alberi giovani sono più efficienti nel ripulire l’atmosfera dal carbonio. Ovviamente, piantare gli alberi in sé non basta, se non viene implementato con un drastico taglio delle emissioni, in particolare il petrolio, il carbone e il gas.
In una intervista rilasciata alla Associated Press Thomas Crowther, un ecologista esperto di cambiamenti climatici che lavora all’Istituto di Tecnologia di Zurigo, spiega che le foreste sarebbero la misura più economica e più efficace. Le sei nazioni che avrebbero più spazio per piantare gli alberi sono la Russia, gli Stati uniti, il Canada, l’Australia, il Brasile e la Cina. E piantando nuove foreste si potrebbe anche contribuire a ripristinare la biodiversità, oggi così compromessa.
Può sembrare un progetto utopico, ma se a riuscisse a lanciare una campagna tra i giovanissimi, che sono molto attenti a questa problematica, forse non irrealizzabile. E Israele, tanto per cambiare, può fornire un esempio utile. Ricordo da bambina il barattolo azzurro del Keren Kayemet che troneggiava nell’ingresso di casa. Ogni festività, compleanno, regalo, ci veniva chiesto di versare un obolo per piantare un albero in Erez Israel. Siamo cresciuti consapevoli dell’importanza degli alberi, e di come il futuro del Paese fosse legato alla politica del verde. Gli alberi, ci insegnavano, sono i nostri migliori amici, e grazie ai nostri risparmi il Negev diventerà un giardino ospitale. Quando visito l’Università Ben Gurion, immersa nel verde, ricordo mio nonno e mio padre, che, convinti della visione del grande statista, furono trai primi a investire a Beer Sheba, creando una fabbrica, e investendo in scuole, case e poi l’Università. Erano conviti che il deserto potesse diventare un giardino e ci trasmisero l’importanza che i piccoli gesti (una monetina nel salvadanaio azzurro) possono avere, e di quanto sia importante i contributo che ognuno può dare.
Dal 1901, anno della sua fondazione, il KKL ha piantato 240 milioni di alberi in un Paese di 22.000 km, quasi 11.000 alberi per chilometro quadrato. Se qualcuno copiasse l’idea del KKL e distribuisse in tutte le case un salvadanaio per gli alberi, accompagnato da una campagna virale sui social, forse l’obiettivo proposto da Science potrebbe essere realizzato.

Viviana Kasam