Battersi per una società laica
Senza volermi certo equiparare ai titolati interventi sul tema che leggo in questi giorni, rivendico una lunga e coerente militanza, da ebreo e liberale, a favore di una vera società laica in Italia: diversi interventi anche da queste colonne lo testimoniano.
Non temo quindi di essere sospettabile di scarsa attenzione alla Laicità (rigorosamente con la maiuscola) nel dire che non ci volevano certo le esternazioni salviniane per rendersi conto della questione e, anzi, non credo che queste pongano in pericolo la Laicità italiana, sancita dalla Costituzione (forse in modo significativamente criptico), per il semplice motivo che sin dagli albori della vita repubblicana questa condizione è irrealizzata.
Con vezzo tutto italico, infatti, la si dichiara ma la si declina in modo bizzarro e, occorre essere realisti, ritengo sia una chimera pensare che possa realizzarsi in pieno, nel caso aspirando più pragmaticamente a una reale equiparazione tra le varie fedi che, in verità, è comunque una “laicità limitata” in quanto non tiene conto pienamente di quella “fede del non credere” assai forte e che ha, da un punto di vista civile, anche pieno diritto di cittadinanza.
Non ci voleva quindi Salvini per rendersi conto dei tanti attentati alla Laicità: solo per ricordarne alcuni la cosiddetta “ora di religione” nella scuola pubblica posta sotto il controllo e la gestione della Chiesa ma pagata da tutti, i vari cappellani a carico del pubblico erario ma tutti e solamente riconducibili alla fede Cattolica, il protocollo di Stato che considera solo le autorità cattoliche e non le altre e così via dicendo.
Che dinanzi a queste storiche e quotidiane ineguaglianze il problema sia il retorico “affidare” il paese e l’Europa a una fede ( con modalità da “atei devoti” come anni or sono chiosò l’allora Arcivescovo di Pisa Plotti) appare quindi, sinceramente, sorprendente.
Le radici di questa ipocrita situazione, fatte le dovute esclusioni, si devono alla politica e alla remissività di certe forze che, pur dichiarandosi favorevoli alla Laicità, in verità non l’hanno adeguatamente praticata se non, addirittura, l’hanno ostacolata: la vicenda legata all’introduzione del divorzio in Italia, ad esempio, con i tentennamenti comunisti è assai esemplificativa in merito.
Anzi, a ben vedere, alla luce dell’attribuzione come cattolici ad oltre il 90% degli italiani, occorre dire che certe battaglie laiche se sono arrivate a buon fine lo devono proprio alla dimostrata capacità, laica, di non subordinare il proprio voto e il proprio orientamento alle indicazioni delle gerarchie ecclesiastiche.
Battersi per una società laica (la “società aperta” della visione liberale) è tutto meno che guerra di religione o a una religione: bensì è l’affermarsi di una società neutrale che, in quanto tale, è maggiormente adeguata a garantire il diritto di tutti, non credenti compresi, nel rispetto tra tutti e verso tutti e nella comune osservanza delle leggi civili.
“Libere religioni in libero Stato”, direbbe oggi il compianto e prematuramente scomparso Cavour.
Però, come mondo ebraico italiano, dobbiamo fare autocritica e dirci che non ci siamo poi attivati veramente, come ad esempio hanno sempre fatto i Valdesi, per rivendicare istanze laiche: ci siamo in genere accontentati, da quando ancora esistevano i congressi, a riaffermare il principio negli atti attenti, però, a non andare oltre, a non disturbare il manovratore di turno che, sia detto per inciso, indipendentemente dal colore politico sempre ha cercato di lucrare, in genere ipocritamente, ergendosi a paladino dei valori cattolici della “nostra cultura”.
Ne abbiamo evidenze anche nelle Intese nelle quali, per ricordare alcuni passaggi, non mi pare che ci siamo battuti più di tanto per ottenere, almeno di principio e certo proporzionalmente alle nostre necessità, condizioni pari a quelle della Chiesa Cattolica per l’assistenza educativa agli alunni nella scuola pubblica o a quella spirituale nelle forze armate, negli ospedali e nelle carceri.
Non mi pare di vedere le istituzioni ebraiche, tranne una doverosa presenza romana per ragioni geografiche e storiche dirette, impegnate nel ricordare il XX Settembre per attualizzarlo e guardare al futuro: né ho visto, posto il rapido interessamento dell’UCEI che avrebbe però necessità di avere un seguito onde evitare il ripetersi in futuro di analoga situazione (circa la quale vi sono comunque delle responsabilità che andrebbero ricercate), una grande mobilitazione dinanzi all’impedimento che alcuni di noi hanno patito, in occasione dei recenti ballottaggi per le elezioni amministrative che, svoltisi di Shavuot, hanno visto impedito a dei cittadini il diritto al voto che costituzionalmente è anche un “dovere civico”.
E allora grazie a Salvini , nonostante non possa godere della simpatia politica di un liberale, se riesce (certo involontariamente…) a svegliarci da questo torpore ma non facciamone una questione ad personam se veramente teniamo al principio e non perdiamo di vista che, storicamente, il fronte antilaico è assai trasversale e ipocrita.
Arrivederci al XX Settembre.
Gadi Polacco