Il tentativo di Balaam
Leggiamo questo Shabbat di come il mago Balaam sia più ottuso della sua asina, e di come per ben tre volte il suo tentativo di maledire Israele non riesca, e le parole che pronuncia si trasformino in benedizione.
Giunto sulla cima delle colline di Moab, il mago vede dall’alto le tende del popolo, così ordinare e disposte in modo da preservare l’intimità di ogni famiglia, e pronuncia la benedizione Ma tovu che tanti usano dire entrando in Tempio: come sono belle le tue tende, Giacobbe, i tuoi Santuari, Israele! (BeMidbar 24,5). Di fatto, augura la presenza eterna della Shekinà sul Popolo, e l’esistenza in qualsiasi luogo e tempo di case di studio e luoghi di preghiera.
Scrive Ginzberg ne Le leggende degli ebrei. V. Verso la terra promessa (Adelphi 2014, p. 228) che Balaam, ultimo profeta delle nazioni, parlò con voce così alta da essere udito da tutti i popoli della terra, ammonendoli affinché si guardassero in futuro da falsi dei. Questa fu forse una delle ragioni dell’invidia verso Israele nei secoli, e le benedizioni pronunciate da Balaam avrebbero comunque avuto l’effetto di trasformarsi di fatto nei secoli in maledizioni, tranne il presagio di avere case di preghiera e quindi di preservare l’unità spirituale necessaria alla sopravvivenza stessa del popolo.
Non è in effetti stato ascoltato l’invito a non prestare fede a false divinità, né Il Popolo di Israele è stato preservato da invidie e gelosie, eccidi ricorrenti e distruzioni, sino al tentativo genocidiario del secolo scorso.
Ma luoghi di studio e di preghiera, finché esisterà Am Israel, ci saranno. E viceversa.
Sara Valentina Di Palma
(18 luglio 2019)